Procuratori sull'orlo del burnout, giudici che si denunciano tra loro, magistrati sconsolati di fronte alla politica che non li sa ascoltare. Ecco cosa pensano il giornalista e il capogruppo del Centro
Articolo a cura della Redazione de Il Federalista
Procuratori sull'orlo del burnout, giudici che si denunciano tra loro, magistrati sconsolati di fronte alla politica che non li sa ascoltare. A prima vista c'è da preoccuparsi per la tenuta del Terzo Potere. In realtà la Giustizia ticinese, sia pure con le pezze sui pantaloni, funziona a dovere e i magistrati si sobbarcano le fatiche causate da un reale aumento di lavoro.
Ma inevitabilmente l'opinione pubblica si pone delle domande sulle cause del disagio e del nervosismo che serpeggia nei corridoi del Palazzo di Giustizia. E la politica, attenta a rispettare la separazione dei Poteri, non può però lavarsi le mani e stare a guardare. Ne parliamo con un giornalista, Andrea Manna, e un parlamentare, Maurizio Agustoni.
Non passa settimana in Ticino senza che la Giustizia faccia capolino sui giornali. È pur vero che al giornalista principiante una volta si insegnava che le cronache giudiziarie, specie se nere, fanno titoli forti e lettori sicuri. Ma qui, sotto i riflettori stanno finendo i giudici, non gli imputati. Anzi, per stare all’ultimo cortocircuito, i giudici che si giudicano – e male – tra di loro. Da far girare la testa.
Se poi aggiungiamo la schiera di procuratori pubblici che si dichiarano sull’orlo dell’esaurimento, il paesaggio appare inquietante. Ma fermi tutti, e prima di abbandonarci allo sconforto e a presagi di un Terzo Potere allo sbando, riflettiamo e guardiamoci attorno. Qui stiamo parlando di magistrati che fanno (sostanzialmente) bene il loro mestiere, sgobbando ben oltre le 42 ore settimanali, e spesso anche oltre le 48-50 dei giovani medici assistenti negli ospedali.
C’è qualcuno che preferirebbe la giustizia politica che dà spettacolo, come accade in Italia (ce la farà Nordio?) dove, appunto, i giudici si inventano inchieste per colpire il politico o l’imprenditore di turno e passano i verbali degli interrogatori ai giornali prima che ai tribunali?
Se i problemi ci sono, come vedremo, non toccano di per sé la natura e l’integrità del Terzo Potere. O meglio, potrebbero finire per intaccarla, perché la montagna di incarti che un procuratore si trova sulla scrivania potrebbe indurlo a soluzioni sbrigative o superficiali, là dove invece occorre la massima delicatezza e prudenza poiché si va a toccare il nucleo morale delle persone; o potrebbe, la pila dei dossier inevasi, provocare ritardi penosissimi per chi aspetta con una spada di Damocle sul capo. Se poi qualche querelante venisse indotto dalla probabile infinita attesa a ritirare l’istanza… non sarà una tragedia.
Tutto questo per introdurci con realismo alla chiacchierata che abbiamo fatto con due osservatori privilegiati del fenomeno “Giustizia ticinese in crisi”: un collega, Andrea Manna de laRegione, che vanta un cospicuo patrimonio di esperienza nel campo della cronaca giudiziaria; e un parlamentare (e giurista), Maurizio Agustoni (il Centro), giacché il Secondo Potere è chiamato a dotare il Terzo di quei fondi senza i quali rimarrà –come lamenta- una Magistratura con le pezze sui pantaloni.
Un disagio reale
Disagio in magistratura: esagerazione mediatica o reale problema? “Nel Ministero Pubblico il malessere c’è”, ci dice subito Andrea Manna, “ed è dovuto principalmente all’importante incremento di nuovi incarti. Come ha ricordato il procuratore generale Andrea Pagani, negli ultimi tre anni questi sono infatti aumentati del 25%”. Anche Maurizio Agustoni non nega l’esistenza del problema, ricordando che lo stesso procuratore generale ha già fatto notare che “il Ministero Pubblico così come strutturato adesso non è in grado di fare fronte alla mole di incarti che sono pendenti, denunciando una mancanza di risorse umane”.
Un sovraccarico di lavoro nel Ministero Pubblico sta all’origine anche dei recenti bisticci in seno alla magistratura giudicante? Sempre il centrista: “È chiaro che se una parte dei magistrati è sottoposta a un carico eccessivo di lavoro, anche le relazioni personali ne soffrono; quantunque”, aggiunge sornione Agustoni, “non mi risulta esserci sovraccarico di lavoro nel Tribunale penale cantonale. Quindi parto dal presupposto che queste criticità nei rapporti personali che sembrano esserci non abbiano di per sé a che fare con il carico di lavoro. Sono due questioni separate: mi sembra che il litigio in questione non abbia molto a che fare con una dotazione di mezzi da parte dello Stato, ma piuttosto con difficoltà di tipo relazionale”. “È una giusto porsi la domanda”, concede Andrea Manna, “ma non so se le due questioni siano legate. Quello che è certo è che questo sovraccarico di lavoro del Ministero Pubblico ha certamente un riverbero un po' su tutta la catena penale. È in sofferenza anche, per esempio, la Corte d'appello e di revisione penale: pure lì si intasano gli incarti, a causa dell’accumulo negli altri gangli e livelli della magistratura penale”.
Perché i nostri PP sono sommersi di lavoro
Concentriamoci allora sulle cause di questo incremento di lavoro, a cosa è dovuto? “La società è diventata più complessa e ha conosciuto un importante incremento demografico”, continua il giornalista, “ma ci sono anche leggi federali introdotte di recente che attribuiscono delle competenze aggiuntive al Ministero Pubblico. Inoltre dal 2011 il nuovo Codice di diritto processuale penale (CPP) ha unificato la procedura a livello svizzero, aumentando l’attenzione richiesta su aspetti formali e di garantismo. L'ultimo pacchetto di modifiche del nuovo codice è entrato in vigore il primo gennaio di quest'anno. Tutto questo chiaramente si traduce anche in impegni accresciuti per il Ministero Pubblico”.
Vi un altro elemento da considerare. Secondo il collega, “il Governo ha aumentato i posti autorizzati per la polizia cantonale e nel contempo non ha previsto un adeguamento delle risorse in magistratura”. “È chiaro che più poliziotti significa più arresti, o per meglio dire un numero maggiore di reati che vengono scoperti e di conseguenza un numero maggiore di casi che vengono poi deferiti alle Procure”.
Manna: “La politica ha mancato di lungimiranza”
Ne parliamo come se fosse una novità, ma in realtà i disagi nel Ministero Pubblico sono annosi: come mai non si risolvono, la politica non fa nulla? Manca la volontà o mancano i soldi? “Attualmente tutte e due le cose”, conferma Manna, “però io credo che sia mancata al Governo, al Dipartimento, una visione lungimirante sulla prospettiva di un sovraccarico degli organi della magistratura penale. Doveva essere fatto un discorso a 360 gradi. Si è cercato di farlo, mettendo in cantiere la Riforma 2018, mai decollata, che doveva un po' riorganizzare tutto l'apparato giudiziario: ma poi, per una ragione o per l'altra, il progetto si è arenato”.
Agustoni ricorda però che negli ultimi anni non tutto è stato fermo: “Il Ministero Pubblico ha avuto un potenziamento degli effettivi; il numero di procuratori attuali è superiore a quello di qualche anno fa grazie agli aumenti dell'organico deciso dal Gran Consiglio. Inoltre il legislativo ha deciso di indirizzare parte delle competenze ai segretari giudiziari, sottraendole ai procuratori”.
C’è anche una questione che esula sia dalla volontà che dai soldi: “Bisogna pensare che ci muoviamo in un ambito retto dal diritto federale”, ricorda infatti Agustoni, “il Cantone non ha assoluto spazio di manovra quando si tratta di decidere quali compiti attribuire o meno al Ministero pubblico”. Secondo il parlamentare c’è però ancora lavoro da fare: “Il Consiglio di Stato dovrebbe presentare a breve una proposta di modifica dell'organizzazione del Ministero pubblico. Ce ne sono anche altre sul tavolo, quindi mi auguro che il Governo e in seguito la Commissione giustizia e diritti del GC le valutino appena possibile per capire se c’è un modo per rendere il carico di lavoro più sostenibile, così che il Ministero Pubblico possa affrontare i procedimenti in modo più efficace”.
“Sulla questione dei soldi”, aggiunge dal canto suo Andrea Manna “andrebbe forse ricordato ai politici che più magistrati inquirenti può significare - anche se non necessariamente - aumento di possibili sequestri e confische. Sequestri e confische anche importanti, cioè, di soldi che possono essere poi utilizzati. Questo è un aspetto importante di cui spesso ci si dimentica". “Il fatto che il Cantone non navighi in buone acque finanziariamente” sintetizza Manna, “dovrebbe in ogni caso spingere a fissare delle priorità. Le risorse per la Giustizia devono essere adeguate. In questo senso mi sembra che l’urgenza vada messa sulle risorse umane anziché” -in cauda venenum- “sull’acquisto di una nuova sede”. Serve il “principio di opportunità” Se la magistratura requirente è, come pare essere, sovraccarica, a soffrirne saranno inevitabilmente la qualità del lavoro e le sue tempistiche.
C’è, chiediamo ai nostri interlocutori, la possibilità che alcune pratiche finiscano in fondo alla pila per non riemergere magari più? Il problema secondo Manna è che “per i procuratori in Ticino c'è l'obbligatorietà dell'azione penale, sulla base dell’articolo 7 del Codice di diritto processuale svizzero (CPP), quando si abbia notizia di reato. Ovviamente si dà priorità ai procedimenti più importanti. Il Gran Consiglio ha anche concesso alcune competenze ai segretari giudiziali onde alleggerire i procuratori pubblici, almeno dai cosiddetti “casi bagatella”, che però sono una minima parte del lavoro che entra ogni anno”.
Si potrebbe anche andare oltre, secondo Agustoni, imparando da altri Cantoni, i quali applicano più frequentemente il principio di opportunità, che “permette di decidere quali procedimenti aprire, quali no, e su quali reati concentrare gli sforzi, definendoli in maniera esplicita e mirata. Altrimenti si continuerà ad aprire una montagna di incarti senza avere le risorse per portarli a termine: se qualcuno segnala che il vicino gli ha rubato una cassetta delle mele vale la pena occuparsene?” Veniamo al caso degli ultimi giorni, i litigi all’interno del Tribunale penale cantonale. “Sembra che tutto sia partito da un presunto caso di mobbing da parte di una segretaria ai danni di un’altra segretaria”, ricorda Manna, sempre ben informato. “Il disagio è acuito dal fatto che apparentemente la situazione si protraeva da tempo. Per preservare un buon clima di lavoro tra chi è chiamato a giudicare (talvolta assieme) su casi delicati è necessario che la situazione sia chiarita al più presto dalle competenti autorità, nel caso specifico il Consiglio della magistratura e la sezione delle risorse umane”. Si è parlato di “scontro tra fazioni”.
Vi sono di mezzo divisioni di tipo partitico? Agustoni: “Non penso, così non sembra da ciò che si può leggere nell'interrogazione Quadranti, che ha reso pubblico il caso. Da una parte sembrerebbe esserci una giudice di area liberale e dall’altra giudici anch’essi della galassia PLR”. Manna: “Spero di no. In generale non mi sembra che i giudici, una volta eletti, si facciano troppo coinvolgere nelle logiche di partito”.
E sull’elezione dei magistrati…
Niente scontro tra correnti politiche, dunque, almeno all’apparenza. Ma il tema ci rimanda al nodo annoso della nomina dei magistrati. Per Maurizio Agustoni il sistema attuale, in assenza di idee migliori, “rimane il proverbiale meno peggio”. Ci spiega il deputato del Centro: “La nomina parlamentare offre una certa legittimazione ai magistrati, chiamati spesso a prendere decisioni molto importanti per la vita delle persone. Il Parlamento riflette le sensibilità della popolazione, ed è abbastanza naturale che nella giustizia si rifletta questa diversità di visioni del mondo”.
Per Andrea Manna le alternative si potrebbero pensare. Scartata subito l’elezione popolare dei magistrati, ovvero il ritorno al regime pre ‘97: “Non si capisce sulla base di quali promesse un candidato procuratore dovrebbe cercare di vincere il favore popolare. Sarebbe un’elezione ridotta a slogan vuoti”. Sul tavolo vi sono però ad esempio la proposta di creare un direzione del Ministero pubblico allargata: “Si tratterebbe di eleggere una serie ristretta di procuratori capo, scegliendoli in maniera rappresentativa delle sensibilità culturali presenti nella popolazione, ai quali verrebbe poi affidato il compito di assemblare il resto della squadra sulla base delle competenze. In alternativa potrebbe essere il Consiglio della magistratura (che, ricordiamolo, è composto da quattro membri “laici” e tre “togati”) a selezionare i candidati procuratori più competenti facendosi consigliare da esperti extracantonali (visto che dopo l’armonizzazione della procedura penale, ovunque in Svizzera si parla suppergiù… la stessa lingua“.