POLITICA E POTERE
Svizzera-UE, Sergio Romano pettina il "sovranista" Ignazio Cassis
L'editorialista del Corriere della Sera riprende una citazione del ministro di San Nicola di Flüe. E cita a sua volta Denis de Rougemont
TiPress/Samuel Golay

MILANO - L’ex ambasciatore Sergio Romano, storico ed editorialista del Corriere della Sera, “pettina” il consigliere federale Ignazio Cassis in un’opinione che il quotidiano milanese ha pubblicato ieri.

 

“Intervistato da Andrea Nicastro (Corriere del 21 luglio) – scrive Romano -, Cassis ha ribadito orgogliosamente la scelta che la Svizzera fece nel 1992 quando i suoi elettori respinsero con un referendum la partecipazione allo Spazio economico europeo (un’area di libero scambio nata nel 1992, oggi composta dai 27 Paesi dell’Ue e da Islanda, Liechtenstein e Norvegia). Con un pizzico di esagerazione il consigliere Cassis sostiene che questa data non è meno importante di quella della battaglia di Melegnano, nel 1515, quando gli svizzeri furono sconfitti dai franco-veneziani e scelsero, da allora, la neutralità.

 

Dopo avere precluso a se stessa la soluzione dello Spazio economico, la Svizzera ha dovuto percorrere la sola strada che ancora le restava: quella degli accordi bilaterali con l’Unione europea su questioni specifiche. Ma una di queste (la libera circolazione delle persone) è materia di frequenti negoziati e continui aggiustamenti. L’Unione democratica di Centro (il più ‘leghista’ dei partiti svizzeri) vorrebbe un nuovo referendum che priverebbe la Confederazione del diritto di stipulare accordi internazionali. Il problema, secondo l’Udc, deve restare sempre e senza alcun limite una esclusiva competenza locale.

 

Non so quale sia la posizione di Cassis su questa materia, ma nella sua intervista a Nicastro ha citato un motto di San Nicola di Flüe, patrono della Confederazione: “Fate i vostri interessi in casa vostra e lasciate stare gli altri”. Non tutti gli svizzeri, fortunatamente, si esprimono con gli argomenti sovranisti di Cassis.

In un libro apparso a Parigi nel 1965 e in italiano presso l’editore Armando Dadò di Locarno nel 1998 (‘La Svizzera, storia di un popolo felice’), Denis de Rougemont, uno dei più brillanti saggisti del secolo scorso, ricordava ai suoi connazionali che le “sovranità dei nostri Stati europei non sono più assolute da lungo tempo”. Era convinto che la lunga esperienza federale facesse della Svizzera un modello per l’Europa di domani. Esortava il suo Paese a consultare “le sue élites intellettuali e politiche, i cantoni, le città principali e le grandi organizzazioni professionali, per concertare con esse i termini di un progetto di federazione politica dell’intera Europa. Questo progetto (…) verrebbe poi presentato in nome del nostro ideale e della nostra pratica del federalismo, ma ‘nell’interesse dell’intera Europa’”.

 

Dall’anno in cui Rougemont scrisse queste parole l’Europa ha fatto straordinari progressi verso la sua integrazione. Ma l’esperienza federale svizzera rimane un capitale a cui varrebbe la pena di attingere (con il permesso del suo ministro degli Esteri)”.

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