POLITICA E POTERE
Aeroporto di Lugano: non si può essere un po' incinta
A livello cantonale c'è chiarezza tra favorevoli e contrari, in Città regna il caos. Il rapporto PPD-PLR presenta aspetti controversi

di Andrea Leoni

Non si può essere un po’ incinta. Come non si può essere un po’ pro aeroporto e un po’ no.

La politica luganese si presenta frantumata alla vigilia del Consiglio Comunale, in agenda il 25 novembre, che dovrà decidere il futuro dello scalo di Agno. Sono addirittura tre i rapporti usciti dalla Commissione della Gestione. Nonostante un messaggio aggiuntivo da parte del Municipio e il voto del Gran Consiglio che ha approvato a larghissima maggioranza (PLR, PPD, Lega e UDC) il credito cantonale, i partiti di centro e di destra di Lugano non sono riusciti a trovare un accordo. Il resto del Cantone guarda perplesso: perché partecipare al salvataggio di un’infrastruttura che la stessa Città non sa come salvare? 

I tre rapporti

Ci sono tre rapporti, si diceva. Quelli del PS e della Lega sono chiari, ed entrambi si allineano sulle posizioni tenute dai rispettivi partiti cantonali in Governo e in Parlamento. Poi c’è il rapporto di mezzo, quello firmato da PPD e PLR, che almeno nella forma, tenta di dare un colpo di qua e un colpo di là. Anche se poi, stringi stingi, nella sostanza si allinea sulle posizioni dei socialisti, almeno per quanto attiene il futuro dell’aeroporto.  Sia il centro che la sinistra, infatti, seppur con diversi accenti e sfumature, vedono alla fine di un breve percorso il passaggio di LASA, la società che gestisce l’aeroporto, in mano ai privati, con la conseguente riduzione del personale, da ricollocare o da sostenere con un piano sociale.

Solo nell’ultimo anno, per essere generosi, questo dossier ha raccolto una serie impressionante di errori, tentennamenti, litigi, concessioni, giravolte, colpi di scena, sfighe. Le priorità, le strade da percorrere e gli obbiettivi da raggiungere, sono diventati un intreccio confuso senza capo ne coda. La pressione della crisi e dell’opinione pubblica, l’avvicinarsi delle elezioni e i risultati elettorali delle altre consultazioni, i troppi tavoli di mediazione, non hanno fatto altro che acuire il caos. Sul banco degli imputati ci sono tutti: Municipio, LASA e i partiti. Solo il Consiglio di Stato e il Gran Consiglio, sia nella maggioranza che nella minoranza, hanno messo sul tavolo una strategia politica chiara, comprensibile e coerente, giusta o sbagliata che sia.

La chiarezza cantonale

Per la maggioranza di Governo e Parlamento, l’aeroporto è un’infrastruttura strategica per il Cantone da rilanciare e sostenere, con l’aiuto eventualmente dei privati ma senza estromettere Cantone e Città. Lo si ritiene un servizio pubblico e come tale va sostenuto come avviene per gli altri mezzi di trasporto: treni, ferrovie, bus, battelli. I posti di lavoro vanno difesi tutti, senza se e senza ma. A fronte di tutto questo è imprescindibile mantenere i voli di linea. La minoranza dice invece che l’aeroporto va chiuso (Verdi e MPS) oppure risanato e ceduto ai privati (PS), punto e basta. Semplice, chiaro, comprensibile. E il popolo deciderà.

Il caos luganese

A Lugano, invece, la situazione è sempre più contorta. E il rapporto dei partiti di centro è l’ultima tessera di questo mosaico caotico. Facendo sponda sulle fragilità dell’Esecutivo, partorisce una serie di proposte piuttosto controverse. De facto sembrano venir accolte una per una le richieste formulate dai privati per intervenire nell’aeroporto (risanamento della società e taglio del personale). Per giungere a questa legittima conclusione, la stessa della sinistra, si fanno giri immensi tipo gli amori di Venditti, e si introducono clausole che potrebbero mettere ulteriormente in posizione di debolezza l’ente pubblico.

Le scadenze perentorie e i sospetti

Ad esempio, citiamo dal rapporto di PPD e PLR: “Entro settembre 2020 vanno concluse le trattative con gli investitori privati per il loro coinvolgimento nella gestione dello scalo aeroportuale e nella ripresa delle attività aeroportuali riferite all’aviazione generale”. Che significa coinvolgimento? Vendere la società? Venderne una parte? E se non fosse possibile raggiungere un accordo conveniente, che si fa? Chiunque capisce che inserire scadenze temporali perentorie favorisce la controparte, a tutto svantaggio di Cantone e Città. Ai privati non resterà che attendere per strappare le migliori condizioni possibili. Basterebbe, per spazzare via ogni sospetto, sostituire “le trattative vanno concluse” con “si impegna a concludere le trattative” e aggiungere “a patto che le condizioni siano soddisfacenti per l’Ente pubblico”.


Altro esempio. L’attuale Consiglio d’Amministrazione di LASA viene invitato a sloggiare entro giugno 2020. Perché giugno 2020 e non subito, se non c’è più fiducia? Perché nominare, a metà dell’anno prossimo, un nuovo CdA, quando si esplicita che da lì a pochi mesi, a settembre, dovranno essere perentoriamente concluse le trattative con i privati? Sembra esserci, in questa scelta inutilmente punitiva, una vendetta politica per coprire un piccolo particolare. Se davvero l’attuale Consiglio non è all’altezza del suo compito la colpa principale è di chi lo ha nominato: il Legislativo di Lugano. Quindi anche di PLR e PPD che oggi sparano a palle incatenate. 

Ancora. Come si può accettare che un ente pubblico faccia il tagliatore di teste per consegnare la società con l’organico che più aggrada ai privati? E poi cosa, ancora?

Il Minotauro del parapubblico

Infine. Nel rapporto viene proposta l’istituzione di una figura che, andiamo a memoria, non si è mai vista: “Un capo-progetto, che avrà il compito di coordinare, pianificare e dirigere per conto del Municipio e di LASA le trattative con i privati”. Si tratta, appunto, di una figura nuova, quasi mitologica, una sorta di Minotauro del parapubblico. Un direttore del direttore, un ufficiale di collegamento tra l’azionista e la sua società. Boh, chi lo capisce è bravo. 


Tutto questo per dire che in politica occorre sempre un pizzico di fantasia. Un pizzico però. Quando la creatività supera una certa soglia, si diventa apprendisti stregoni, deriva nella quale i Legislativi di milizia talvolta sconfinano. Per evitarlo basta sposare una linea chiara, senza voler ad ogni costo tenere insieme tutto e il contrario di tutto, nell’illusione d’inventare terze vie che possono rivelarsi pericolosi vicoli ciechi. Non si può essere un po’ incinta.

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