"Non vogliamo che, dopo essere salito a scatti come previsto, il Gran Consiglio lo bocci dicendo che porta effetti devastanti sul mercato del lavoro", spiega Michela Delcò Petralli. "O almeno che debba posticiparlo a maggioranza qualificata"
GIUBIASCO – Che nei Verdi ci fosse deciso scontento verso il rapporto sul salario minimo sottoscritto anche dalla sua rappresentante in Commissione della Gestione Samantha Bourgoin era evidente sin da ieri. Oggi l’Assemblea del movimento ecologista l’ha confermato.
Sebbene la deputata, come ha detto ieri ai microfoni di TicinoLibero, in Commissione è convinta di aver raggiunto la miglior soluzione possibile con l’attuale composizione politica, molto componenti del partito non ci stanno e hanno dato mandato al gruppo parlamentare di trovare una nuova intesa in Gestione per fare in modo che il salario minimo entri obbligatoriamente in vigore al più tardi entro il 2024.
La paura dei Verdi è infatti che, dopo aver fatti salire a scalini, come previsto, il salario minimo, nel 2024, definitivo, ovvero con una forchetta tra 19,75 e 20,25 franchi orari, venga bocciato da un Gran Consiglio che potrebbe ritenere i suoi effetti devastanti sull’economia locale (prima dell’ultimo via libera, infatti, il Governo dovrà commissionare uno studio).
A proporre l’emendamento, che ora Bourgoin discuterà cercando di trovare un’intesa con PPD, PS e Lega, che lo hanno sottoscritto con lei, è Michela Delcò Petralli, da tempo in prima linea su questo delicato tema. Teme che il Parlamento possa posticipare l’entrata in vigore del salario minimo per anni e anni. Pur ammettendo, come la collega, che si è ottenuto il massimo possibile, ha detto che “è indispensabile introdurre nella legge un meccanismo che, passati questi anni di scatti, si introduca obbligatoriamente il salario minimo. O, comunque, che sia necessaria la maggioranza qualificata in Gran Consiglio per una sua posticipazione”.
A livello svizzero i Verdi ritengono che si debba poter permettere di inserire un salario minimo economico e non sociale come attualmente (ovvero che non sia solo corrispondente alla somma dei contributi sociali più i costi sostenuti dal lavoratore per svolgere il proprio lavoro). In merito Greta Gysin è pronta a muoversi a Berna.