LUGANO - Se da Bellinzona tutti si dicono soddisfatti dell'accordo firmato oggi con l'Italia, la Lega non è per nulla d'accordo. Anzi. Attacca in un comunicato quanto siglato, sostenendo che il Ticino sia stato sacrificato sull'altare dei rapporti tra le due nazioni e chiedendo il blocco dei ristorni.
"Il deludente esito era, peraltro, nell’aria", inizia la nota. "L’accordo firmato, a quanto risulta, contiene delle differenze importanti rispetto alla versione del 2015. Naturalmente differenze a vantaggio dell’Italia. La quale è assai poco sospetta di sottoscrivere trattati che non sono nel proprio esclusivo interesse", così attacca l'Italia.
"L’applicazione del nuovo regime fiscale solo ai nuovi frontalieri, e la permanenza dei frontalieri già presenti sotto il “vecchio” regime fino all’età del pensionamento, suona come una presa in giro. È evidente che, a queste condizioni, uno degli effetti auspicati con il cambiamento di sistema, ossia una maggiore pressione fiscale sui permessi G in funzione “antidumping”, viene a cadere", sostiene la Lega.
Che se la prende coi ristorni, un suo cavallo di battaglia. "L’accordo avrebbe dovuto prevedere la tassazione dei frontalieri in base alle aliquote italiane, ben superiori a quella dell’imposta alla fonte elvetica. Al Ticino sarebbe andato l’equivalente dell’imposta alla fonte attualmente prelevata, comprensiva della quota che viene ristornata; la differenza l’avrebbe incassata l’Italia. Oggi come non mai, a causa anche della crisi economica generata dalla pandemia, è essenziale che i quasi 100 milioni all’anno di ristorni rimangano in Ticino, per le necessità cantonali".
E la road map? L'Italia "rimane inadempiente sulla cosiddetta roadmap del 2015: pensiamo in particolare all’accesso degli operatori finanziari svizzeri al mercato della vicina Penisola. È manifesto che, a seguito della firma odierna, tutti gli altri punti della roadmap finiranno nel
dimenticatoio" (in realtà in conferenza stampa si è detto che se ne parlerà prossimamente).
"Per l’ennesima volta la Confederazione ha accettato una soluzione minimalista che non risponde in modo adeguato né agli interessi né alle legittime aspettative del Ticino, le quali ancora una volta risultano sacrificate sull’altare dei presunti “buon rapporti” tra Svizzera ed Italia. La Confederazione, già da anni, avrebbe dovuto disdire unilateralmente la
Convenzione del 1974, ciò che avrebbe portato alla decadenza dei ristorni. Un passo che, in base alla perizia commissionata dal CdS all’Università di Lucerna, risulta essere percorribile. La Lega dei Ticinesi continuerà a perorare questa opzione", prosegue la Lega, che "invita ancora una volta il Consiglio di Stato a decidere il blocco dei ristorni dei frontalieri, anche in considerazione delle necessità ticinesi a seguito della crisi da coronavirus".