Finché ci saranno i confini abbiamo la libertà, il diritto e il dovere di difendere e di decidere su cosa sta al di qua
di Sergio Morisoli *
Prima di firmare contratti quadro o altro, ci sono dei punti fondamentali che per il mantenimento del benessere e della prosperità acquisita in Svizzera, non possono essere dimenticati. Siamo diversi, inutile far finta, forse incompatibili. Noi abbiamo: una costruzione istituzionale naturale cresciuta dal basso sull’arco di numerosi secoli; una costruzione chiara e terminata; un funzionamento interno preciso e perfezionato nel tempo; una Costituzione secolare e sussidiaria con 26 Costituzioni Cantonali sovrane e solidali; il federalismo; il potere decentrale e il potere in mano al popolo; valorizziamo le diversità e le minoranze; una perequazione finanziaria neutra efficiente e efficace; la politica monetaria e fiscale unite; forze democratiche dinamiche ma centripete.
Loro hanno: una costruzione istituzionale artificiale imposta dall’alto da solo pochi decenni; una costruzione sommaria e in corso; un funzionamento interno asincrono e ridondante; una Costituzione inesistente e fallita nel tentativo di crearla; numerose Costituzioni nazionali diverse e in contraddizione tra di loro; il verticismo politico; il potere centralizzato e il potere in mano alla burocrazia e alle élites; valorizzano l’uniformità e assolutizzano la regola della maggioranza; una perequazione finanziaria selettiva e clientelare; la politica monetaria e fiscale disunite; forze antidemocratiche e centrifughe.
Non sono differenze da poco. Se a questo aggiungiamo che: noi abbiamo una identità cosciente mentre loro un’identità smarrita; noi una cultura realista loro relativista; noi una democrazia robusta e diretta, loro una democrazia in affanno e asimmetrica; noi uno statalismo contenuto loro uno statalismo inarrestabile; noi un capitalismo pragmatico loro un capitalismo rinnegato. Noi abbiamo un ceto medio responsabile, decisore e proattivo; loro hanno distrutto il ceto medio che ha risposto e sta rispondendo attraverso sovranismo, populismo e protezionismo.
Tre prodotti “rifugio” legittimi quando tutto il resto salta; secoli addietro per ottenere la libertà li abbiamo usati anche noi, e funzionano. Sovranismo. È la risposta alla politica anonima, astratta che cancella le identità. I confini geografici non ce li siamo dati noi, ma quelli politici si. Non sono lì per caso, sono la risultante di processi storici, di interessi e di tradizione che ci permettono di dividere ciò che è nostro da ciò che è loro.
Finché ci saranno i confini abbiamo la libertà, il diritto e il dovere di difendere e di decidere su cosa sta al di qua. Si chiama principio di proprietà in senso lato. Non possiamo voler determinare il nostro destino noi stessi, e non avere le condizioni pratiche e materiali per farlo. Populismo. È la risposta alla politica fattasi elevare a “salvezza”, incapace poi di mantenere le promesse. Se abbiamo nel tempo scartato le opzioni monarchiche, aristocratiche, anarchiche e totalitarie per scegliere la democrazia, non possiamo non dirci populisti. Chi non lo è, in buona o mala fede, per fare in modo di avere più voti e avere la maggioranza e ottenere più potere in democrazia? Si chiama principio di rappresentanza e di legittimità. Non possiamo dare il primato politico al popolo e impedire il suo carattere populista.
Protezionismo. È la risposta alla politica del sempre “Prima gli altri”. Se non si ha nulla da proteggere non serve essere protezionisti; i nullatenenti non sono protezionisti. Se invece abbiamo qualcosa a cui teniamo, a cui diamo importanza non lo lasciamo alla mercé degli avvenimenti o incustodito.
Se gli altri esercitano il protezionismo come si può rimanere immobili con le porte aperte? Si chiama principio di reciprocità. Non possiamo preservare, valorizzare e promuovere qualcosa senza proteggerlo e subire l’esproprio a senso unico. Tutto questo per dire una semplice cosa. Il detto popolare ci insegna che: “chi si assomiglia si piglia”; in questo momento meglio non pigliarci. Da noi è ancora in funzione la democrazia liberale: cioè decidere a chi dare il potere (democrazia) e decidere quanto potere concedergli (liberalismo), punti cardini che l’UE fatica a dimostrare visto quanto sopra.
* capogruppo UDC in Gran Consiglio