Gobbi racconta come i discorsi cadano sempre sulla morte del sindaco. Foletti: "Il suo assumersi le responsabilità era un modo per proteggere i suoi colleghi". Ma non mancano i sassolini, dal vicesindaco a Quadri
LUGANO - Il Mattino è tornato in edicola dopo le vacanze estive e lo ha fatto col numero più triste, quelle del ricordo di Marco Borradori. In uno speciale, in tanti hanno parlato di lui, e non è mancata qualche frecciatina per le polemiche dei mesi che hanno preceduto la morte del sindaco. Ma soprattutto tante parole commosse, ricordi che vanno anche oltre la politica, nella vita e nelle amicizie.
Claudio Zali ha parlato del 1997, dei primi incontri in palestra, dove Borradori era "il Federer del tennistavolo, un giovane campione, ma anche e soprattutto un ragazzo modesto, gentile, amichevole (..) È così nata un’amicizia, fatta di serate in giro con Marco neopatentato (e prudentissimo) alla guida della Ford Capri della mamma, nella quale tentare di accomodarsi dietro era un’avventura, fatta di estati trascorse ad Aranno, dove la famiglia si trasferiva nella casetta di famiglia, pomeriggi ad ascoltare musica, non solo quella melodica italiana che tanto piaceva a Marco ma anche Genesis e Pink Floyd, dischi che ancora oggi mi fanno pensare a quell’epoca". Sino a una frase molto forte: "Marco, fuori dalla famiglia, è stato la persona più influente della mia vita".
Norman Gobbi racconta di come, inevitabilmente, il pensiero e i discorsi corrano sempre a Borradori: "Meno di venti giorni, ma centinaia di ricordi. Incontro un amico o un conoscente e inevitabilmente il discorso cade su quanto avvenuto l'II agosto. Nella mente si accumulano momenti di vita che abbiamo condiviso. Non c’era bisogno di tutto questo per dire che cosa sei riuscito a fare! Le opere parlano per te. Vorrei però sottolineare una cosa: quando hai assunto la carica di sindaco di Lugano subito si è dimostrato l'uomo giusto al posto giusto. E al momento giusto".
Il suo vicesindaco, Michele Foletti, ora ricopre, per forza di cose, i suoi ruoli. E "mi rendo conto sempre più di quanto stava facendo per la nostra città in silenzio e senza grandi proclami, ma con efficacia e determinazione. Ho quasi l’impressione che questo modo di fare fosse dettato dalla volontà di assumersi sempre le proprie responsabilità in prima persona e proteggere, in un certo senso, i suoi colleghi di Municipio. Proteggere anche me che da qualche mese ero il suo vicesindaco e da tanti anni un compagno di avventure. Pensavo che per Lugano Marco avesse dato molto; oggi mi accorgo che la sua dedizione alla Città e ai suoi cittadini era praticamente totale; che fosse disinteressata e onesta lo sapevo da tempo. E i cittadini, non solo di Lugano, lo sapevano, ne erano profondamente consapevoli".
Ma nel dolore, non manca qualche accenno alle polemiche dei mesi precedenti. Foletti va giù duro: "Marco - un signore della politica - ha dovuto confrontarsi, suo malgrado, negli ultimi mesi, con la politica e i politici della nuova generazione, quelli che non hanno spessore morale e che si valutano in base ai like su Facebook. Quelli che dopo avergli negato la presunzione di innocenza, quelli che lo hanno accusato di mentire sapendo di mentire, quelli che non gli hanno voluto credere, si sono presentati a sfilare davanti alle telecamere al suo funerale con i lacrimoni agli occhi. Per queste persone non avrò mai più rispetto".
Anche Quadri riprende lo stesso concetto: "Politicanti, partiti, giornalai ed altri figuri che hanno spalato palta sul sindaco fino al giorno del suo decesso, che l’hanno denunciato penalmente e trattato in pubblico e sui media da delinquente, bugiardo ed incapace, si sono dimostrati privi perfino di quel minimo di dignità necessaria, nella tragica circostanza, a tacere e a stare a casa. Lorsignori, senza vergogna alcuna, hanno pensato “bene” di portare in piazza la propria ributtante ipocrisia: si sono pavoneggiati alla camera ardente, hanno fatto le prefiche allo stadio, e c’è chi si è spinto fino a pubblicare annunci funebri (vero Verdi-anguria? Vero compagni?). Sarebbe il colmo se al funerale avesse partecipato anche qualcuno dei cifoli che cifolavano in piazza Riforma il Primo Agosto: visto che al peggio non c’è limite, non dubitiamo che possa essere accaduto. La foga di apparire e l’illusione di essere “qualcuno” gioca brutti scherzi. Marco era un signore: dovunque andasse, faceva bella figura. Certi personaggetti, invece, hanno un solo modo per non sfigurare: non mostrarsi. Purtroppo, non ci arrivano".