Il consigliere nazionale e presidente dell'USAM: "Non è plausibile che a pochi giorni dallo scoppio della guerra in Ucraina ci sia stato un aumento così repentino di benzina e derivati del petrolio"
di Marco Bazzi
La benzina e il gasolio sono schizzati alle stelle e il loro prezzo non accenna a diminuire. Siamo a quasi 2 franchi e 10 centesimi al litro per la prima e a quasi 2 e 30 per il secondo! Fuori da ogni parametro ragionevole. Con, in più, cospicue differenze regionali, perché nel Sottoceneri il pieno costa meno, rispettivamente 1,95 e 2,15 al litro. Anche se i fornitori delle pompe ticinesi sono sempre le stesse raffinerie italiane.
I vari appelli lanciati dal mondo politico al Consiglio federale sono caduti nel vuoto. Berna non pare aver intenzione di muovere un dito per dare una mano ai cittadini e alle aziende confrontate con un salasso quotidiano che, tra l’altro, è completamente immotivato e fa sorgere più di un dubbio che sia un corso una maxi-manovra speculativa da parte delle compagnie petrolifere svizzere. Mentre l’Italia, che noi siamo abituati a criticare per la lentezza delle decisioni politiche, è corsa subito ai ripari, tanto che oggi, complice anche il rafforzamento del franco, è nettamente più conveniente riempire il serbatoio oltre confine, dove si risparmiano anche 30 o più centesimi al litro.
“La questione va davvero presa sul serio perché qualcosa non torna e le denunce multiple sporte nelle scorse settimane in Italia contro presunte speculazioni dimostrano che la cosa va affrontata di petto – dice a liberatv il consigliere nazionale Fabio Regazzi, presidente dell’Unione svizzera arti e mestieri (USAM) -. Il Consiglio federale e la Commissione della concorrenza, la ComCo, farebbero bene ad attivarsi e andare a fondo a un problema che sta mettendo in difficoltà molte aziende e cittadini. Non è plausibile che a pochi giorni dallo scoppio della guerra in Ucraina ci sia stato un aumento così repentino di benzina e derivati del petrolio, perché sappiamo benissimo che le compagnie svizzere hanno ingenti scorte accumulate in periodi in cui le condizioni di mercato erano più favorevoli. Che ci sia un effetto speculativo mi sembra dunque evidente, e io dico che non può essere tollerato dalle autorità. Le regole del mercato devono funzionare correttamente e se qualcuno vuol farci la cresta bisogna intervenire. In più ci sono inspiegabili differenze di prezzo anche a livello regionale. Il mio messaggio è semplice: qualcuno ci metta dentro il naso. La ComCo esiste per questo, e qui si tratta di un tema cruciale per la maggior parte dei cittadini e aziende”.
Sul tema, Regazzi ha già presentato un’interrogazione al Consiglio federale: “I prezzi della benzina e del gasolio sono aumentati drammaticamente dallo scoppio della guerra in Ucraina – scriveva in premessa -. Nella vicina Italia, tali rincari sono stati recentemente ricondotti ad un elemento di speculazione sulle materie energetiche da parte di intermediari e non direttamente alla guerra in corso, tanto da generare una raffica di denunce alle procure per presunti reati di truffa e aggiotaggio”.
Regazzi ha posto dunque otto domande al Governo: “Come valuta la situazione in Svizzera? La ComCo si è confrontata con questo tema nelle ultime settimane? Se sì, in quale misura? Se no, non ritiene che sia opportuno chiamarla in causa? Il marcato aumento del prezzo della benzina può essere scomposto e ricondotto specificatamente alla guerra, al Covid o ad altri fattori? Quali strumenti intende istituire il Consiglio federale per garantire che il rincaro dei prezzi della benzina non sia dettato da speculazioni delle compagnie petrolifere ma da un corretto effetto di domanda e offerta? In quali settori il Governo considera che l'aumento della benzina potrà ripercuotersi? Prevede ripercussioni negative sui beni di prima necessità? Vi è da attendersi un impatto sull'inflazione in Svizzera? Se sì in quale misura? Più in generale, il Consiglio federale è disposto a condurre un'analisi che verifichi l'impatto generalizzato dei prezzi della benzina sui costi di produzione dei beni prodotti in Svizzera, così come sulle conseguenze per i consumatori e le consumatrici?”.
Attendiamo le risposte ma, purtroppo, senza attenderci grandi interventi. A Berna si litiga sulla neutralità e sulle sanzioni alla Russia, o sull’uso del termine “crimine di guerra”. Le difficoltà della gente sembrano non suscitare grande interesse.