Una petizione del Movimento Giovani Leghisti chiede al Consiglio Federale di rinunciare a parte delle entrate dell'imposta sugli oli minerali
BELLINZONA – È la petizione del momento e coinvolge tutti. Il prezzo di benzina e gasolio è alle stelle a causa del conflitto tra Russia e Ucraina e il conseguente aumento del prezzo del carburante. Il Movimento Giovani Leghista ha lanciato una petizione per chiedere al Consiglio Federale di rinunciare a parte delle entrate fiscali.
"La guerra in Ucraina, come c'era da attendersi, – si legge – ha provocato un repentino ed importante aumento del prezzo del carburante, destinato a durare, che si ripercuote sulle aziende come pure sulle economie domestiche. Tra queste ultime, a subire maggiormente il peso del rincaro sono quelle con reddito modesto. La Confederazione preleva l'imposta sugli oli minerali, comprensiva dell'imposta e del supplemento d'imposta".
"Nel 2020 – continua il testo della petizione – l'imposta sugli oli minerali gravanti sul carburante ha generato entrate per oltre 2,5 miliardi di franchi. Il 45 % di questa somma, secondo la chiave di riparto, entra nelle casse generali della Confederazione. Il 50 % è a destinazione vincolata per compiti nell'ambito stradale ed aereo, ed il restante 5% è invece destinato al Fondo per le strade nazionali ed il traffico d'agglomerato. Almeno per quanto attiene al 45 % di entrate destinato alle casse federali, la Confederazione ha margine di manovra. Esiste pertanto la possibilità di attenuare per le economie domestiche e le aziende l'impatto della guerra in Ucraina sui costi del carburante senza intaccare i fondi a destinazione vincolata a beneficio delle infrastrutture viarie".
Per questo motivo il Movimento Giovani Leghisti chiede al Consiglio Federale, "attraverso questa petizione, di rinunciare temporaneamente, almeno in parte, alle entrate dell'imposta sugli oli minerali (si pensa in particolare alla quota non vincolata, destinata alle casse generali della Confederazione) per mitigare il rincaro del costo del carburante generato dalla crisi ucraina, che grava in modo importante sulle economie domestiche e sulle imprese ticinesi e svizzere. Un passo che sempre più paesi stanno compiendo: non è accettabile che il nostro rimanga immobile".