POLITICA E POTERE
Regazzi, l'anti-cultura ambientalista, le élites urbane e Oscar Wilde
Riproponiamo il discorso del Consigliere Nazionale PPD tenuto in occasione del Primo di agosto in Valle Bedretto: "Oggi non si parla più Rösti Graben, bensì di Stadt-Land Graben"

di Fabio Regazzi*

“Mi sembra che tutti noi guardiamo troppo alla natura e viviamo troppo poco con essa”. Così si esprimeva Oscar Wilde, famoso scrittore irlandese vissuto nella metà dell’800. Sono passati due secoli ma questa affermazione è più attuale che mai. Care concittadine e cari concittadini, non fraintendetemi: non sono improvvisamente passato al fronte “verde” della politica e nemmeno mi vedrete girovagare prossimamente tra i boschi della vostra magnifica valle come improbabile protagonista nostrano del famoso film “Into The Wild”. Piuttosto, in occasione dei festeggiamenti della nostra amata Patria, vorrei dedicare qualche minuto ad un tema che mi sta particolarmente a cuore e che negli ultimi tempi è balzato agli onori della cronaca, assumendo forme e proporzioni che forse ai più non sono ancora così evidenti. Mi riferisco al territorio rurale, quello delle nostre valli e delle zone più discoste della Svizzera.

Per un amante della montagna, della caccia, delle uscite in pelli di foca come me è un privilegio poter trascorrere il Natale della Patria in un contesto come questo. Un territorio alpino indubbiamente affascinante, ma anche aspro, duro, che non perdona e a cui bisogna portare rispetto. La crisi del COVID-19 ha riportato l’attenzione verso il territorio svizzero, riscoprendone le mille risorse, peculiarità e opportunità che offrono le nostre regioni di montagna, che fino a prima della crisi sanitaria erano considerate degne di aiuto solo poiché meno fortunate da un punto di vista economico. Anche il dibattito sui cambiamenti climatici e le conseguenti decisioni politiche stanno facendo emergere le nostre regioni più incontaminate a vero e proprio attore e motore verso l’indispensabile transizione energetica – pensiamo ad esempio alle importanti risorse idriche che garantiscono energia elettrica rinnovabile e pulita.

Territori come il vostro, care concittadine e cari concittadini, hanno da sempre giocato un ruolo centrale nella storia della nostra nazione. Qui, si respira quell’aria patriota e quell’attaccamento alle tradizioni che per oltre sette secoli ha accompagnato la fondazione e lo sviluppo del nostro Paese. Ma allora, vi chiederete, dove sta il problema? Chi, come me, queste zone le frequenta regolarmente, non avrà potuto fare a meno di constatare una tendenza verso l’impoverimento della dimensione umana presente nelle valli, che si manifesta in particolare tramite il progressivo abbandono dell’agricoltura di montagna e dell’allevamento – attività messe ultimamente ancora più sotto pressione dalla presenza di un grande predatore – il lupo – sempre più fuori controllo anche per colpa di una politica miope, sempre più ostaggio di un ambientalismo estremo e avulso dalla realtà.

Già, perché quando nei dibattiti parlamentari si parla di “regioni periferiche”, subentrano spesso atteggiamenti di compassione, se non addirittura di commiserazione, talvolta anche di solidarietà, ma raramente di pragmatismo e realismo. Le partite importanti si giocano nei centri urbani, laddove pulsa il cuore economico del paese, in quelle regioni chiamate – magari un po’ pomposamente - metropolitane. Coloro che nel corso del tempo hanno saputo modellare ed adattarsi ad un paesaggio alpino spesso poco accogliente, assicurando con buon senso ed equilibrio la propria sussistenza, ma anche una ricchezza e una varietà di questo stesso paesaggio, ecco che oggi vede farsi strada un fenomeno ispirato a quella che non esito a definire una anti-cultura ambientalista: una visione della natura edulcorata e permeata di sciocco buonismo, che vorrebbe un ritorno al naturale in forme estreme, ma senza rendersi conto delle conseguenze dirette su chi di queste regioni ne ha fatto la propria casa, proteggendole e rispettandole nei secoli.

Lasciare ad esempio che gli animali selvatici, in primis i cosiddetti grandi predatori come lupi ed orsi, possano proliferare in modo incontrollato, condanna di fatto al ritiro progressivo chi in questi territori vive e lavora. A ben guardare, di questa visione idealizzata della natura, se ne fanno interpreti soprattutto i rappresentanti delle cosiddette élites urbane, coloro che dalle grandi città vorrebbero veder applicato un modello di fruizione della stessa fatto di sola contemplazione e post sui social media, magari giusto per poter disporre di un territorio apparentemente intatto per trascorrere qualche week-end o alcuni giorni di vacanza lontani dalla frenesia dei centri urbani.

Ecco, dunque, dove mi trovo d’accordo con il buon Oscar Wilde: il vero contatto con la natura non può essere fatto di sola di contemplazione, ma comporta anche la necessità di viverci, con tutte le difficoltà che ne conseguono, per comprenderla e preservarla con buon senso e realismo. Non è mia intenzione alimentare la contrapposizione fra le zone urbane e quelle periferiche – sono in definitiva anch’io un “becaaria” come simpaticamente mi ricordano i miei amici della Val Bidré – ma non posso nemmeno evitare di denunciare un fenomeno che potrebbe avere conseguenze deleterie per le nostre valli, non solo a livello naturalistico, ma anche per la popolazione che qui ha scelto di vivere e magari anche di lavorare, contribuendo fra l’altro a salvaguardare il paesaggio e un minimo di attività economiche.

Di fronte a questo apporto determinante per il paese nel suo insieme, mi preoccupa dunque molto la crescente polarizzazione politica tra le regioni rurali e le città, tanto che oggi non si parla più Rösti Graben, bensì di Stadt-Land Graben, ossia di divario tra città e campagna.

Diverse votazioni popolari, tra cui recentemente la legge sul CO2 o anche la legge sulla caccia, hanno messo in luce uno scollamento sempre più pronunciato tra la volontà dei cittadini residenti nelle regioni meno popolate e quelle urbane che tendono a voler imporre, a volte non senza una certa presunzione o addirittura con malcelata arroganza, la loro visione del mondo. Lasciare solo a queste ultime – in definitiva le grandi beneficiarie dello sviluppo economico – il potere di determinare e plasmare il futuro del nostro paese mi inquieta e non può essere nell’interesse della Svizzera.

Per evitare una deriva che potrebbe avere conseguenze deleterie per la società e per gli equilibri su cui si è sempre fondato il nostro splendido Paese, sarebbe davvero auspicabile che il popolo svizzero ritrovi quel sentimento di rispetto e solidarietà verso coloro che godono di condizioni meno favorevoli. Chi ha vissuto in queste regioni prima di noi è riuscito ad interpretare al meglio il ruolo di elemento equilibratore per la Svizzera, contribuendo fattivamente a trovare le decisioni più sagge, nel segno del tipico compromesso svizzero. Un appello di cui mi voglio fare carico anch’io, attraverso un rinnovato impegno a Berna anche su queste tematiche.

Il vostro contributo determinante alle sfide della società va accompagnato anche con una voce importante nella ricerca di soluzioni dei temi, sempre più complessi, che si presentano alla nostra nazione. Sono certo, care concittadine e cari concittadini, che in futuro la Svizzera riuscirà ad avere successo se integrerà il pragmatismo, la visione e il buon senso di cui hanno sempre fatto prova gli abitanti delle regioni come quella in cui ci troviamo oggi.  Lasciatemi concludere ringraziando in particolare il Sindaco, l’amico Ignazio Leonardi, per il gentile invito ad intervenire per i festeggiamenti del Natale della Patria in Val Bedretto dove, mi piace peraltro ricordare di aver tenuto la mia prima allocuzione ufficiale del 1. agosto nell’ormai lontano 2003 quando ero ancora deputato in GC. Anche in quell’anno vivevamo una delle estati più calde di sempre, e vi confesso che oggi come allora sono felice di essere in vostra compagnia in questa splendida cornice nella quale mi sento perfettamente a mio agio.

Care concittadine, cari concittadini, gentili ospiti, stimate autorità: stiamo indubbiamente attraversando un periodo difficile ed è proprio in questi momenti che non dobbiamo smarrire la bussola, quella bussola che nei secoli ha consentito al nostro Paese di diventare un modello invidiato da tutti. Auguri di cuore allora nostra amata Svizzera, alle sue istituzioni e a tutta la sua popolazione affinché il futuro possa tornare ad arriderle.

*Consigliere Nazionale PPD

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