Il consigliere nazionale: “Decisione inquietante: si è preferito far prevalere la sicurezza personale di un terrorista condannato per reati gravissimi rispetto a quella interna del nostro Paese”
di Fabio Regazzi*
Settimana scorsa il Consiglio nazionale ha adottato una decisione che non esito a definire inquietante. Ma prima di spiegare cosa è successo devo fare un passo indietro.
Fra la fine del 2018 e l’inizio 2019, le Camere federali avevano approvato la mia mozione 16.3982 che chiedeva di decretare l’espulsione di terroristi condannati per reati legati al fondamentalismo islamico (in particolare jihadisti) verso i loro paesi di origine, anche se questi sono considerati “poco sicuri”; da notare che tale facoltà è per altro esplicitamente prevista dall’art. 33 cpv. 2 della Convenzione sullo statuto di rifugiati che recita testualmente: “La presente disposizione (di non espulsione, ndr) non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede e costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività del paese”.
Si tratta in sostanza di fare in modo che persone fortemente ideologizzate che hanno subito una condanna per reati di terrorismo commessi in Svizzera debbano poter essere rimpatriate, una volta scontata la pena, nei loro paesi d’origine anche se la loro incolumità non è garantita, facendo così prevalere la nostra sicurezza interna. Una richiesta talmente logica e scontata (ma dettata anche dal comune buon senso!) che sia il Consiglio nazionale che quello degli Stati avevano infatti a suo tempo approvato la mozione con una confortevole maggioranza, come hanno per altro già fatto altri Paesi europei.
Tutto bene dunque? Non proprio! Quattro anni dopo questa decisione del Parlamento, il Dipartimento federale di giustizia e polizia ha elaborato un rapporto con il quale giunge alla conclusione che la mozione in questione non può essere applicata perché violerebbe la Costituzione federale, per cui ne ha chiesto lo stralcio dai ruoli (che in pratica significa annullare la decisione precedente). Lo scorso giovedì 22 settembre il Consiglio nazionale ha così dato seguito a questa richiesta del Consiglio federale con 103 voti a favore (PS, Verdi, VL e PLR) 69 contrari (UDC e Centro) e 4 astenuti.
Grazie a questa infausta decisione, un terrorista islamico che in futuro dovesse essere condannato per aver commesso un attentato, dopo che avrà scontato la pena non lo potremo rispedire nel suo Paese di origine se la sua incolumità non fosse garantita e potrà quindi rimanere tranquillamente in Svizzera. Al di là di considerazioni tecnico-giuridiche, che sono come sempre opinabili, resta il fatto che in questo caso si è preferito far prevalere la sicurezza personale di un terrorista condannato per reati gravissimi e con forte rischio di recidiva rispetto a quella interna del nostro Paese e della sua popolazione. Ecco perché all’inizio ho parlato di decisione inquietante e a questo punto vi è solo da sperare che non accada mai nulla, perché in tal caso sapremo a chi dire grazie.
* Consigliere nazionale e presidente USAM