Il vicesindaco di Vacallo Andrea Rigamonti è il quinto nome. Con lui Vitta, Gianella, Aeschlimann e Renzetti
di Andrea Leoni
La lista del PLR per il Consiglio di Stato è fatta. Il quinto nome è Andrea Rigamonti, vicesindaco di Vacallo e Presidente della Commissione trasporti del Mendrisiotto. Accanto a lui ci saranno il ministro uscente Christian Vitta, la capogruppo Alessandra Gianella, Luca Renzetti per il Locarnese e Jean Jacques Aeschlimann, Consigliere Comunale a Lugano.
Il presidente del PLR Alessandro Speziali, in fase di allestimento della rosa, si era dato un obbiettivo ambizioso: “Vogliamo schierare 5 figure Alfa”, cioè una lista forte, di combattimento, con più di un nome in vista. Cammin facendo, però, l’ambizione del presidente si è dovuta misurare con la realtà. Speziali ha infatti dovuto incassare qualche “no, grazie” pesante, a cominciare da quello del sindaco di Locarno Alain Scherrer.
I “niet” sono in gran parte dovuti al fatto che il seggio è saldamente occupato da Christian Vitta e che l’odor di raddoppio è ad oggi un profumo per cani da tartufo, quasi impercettibile per l’olfatto elettorale. Del resto è stato lo stesso Speziali, saggiamente, a sgomberare la testa dei liberali radicali dall’ossessione di tornare ad avere due Consiglieri di Stato. Un’ossessione che aveva condizionato pesantemente le ultime due campagna elettorali, le successive legislature e la vita all’interno del partito. Meglio un obbiettivo costruito con pazienza un passo alla volta, che una fissazione logorante e foriera di delusioni. Poi, dovesse per caso accadere, sarà la più bella delle sorprese.
Non scordiamoci altresì che una campagna elettorale per il Consiglio di Stato è molto impegnativa a livello di energie e costosa finanziariamente. È un fattore che pesa, quando gli obbiettivi sono ipotetici. Tutto ciò premesso, non si può non notare una scarsa generosità da parte di alcuni big nel mettersi a disposizione per rilanciare il PLR. Uno slancio disinteressato che avrebbe dato forza cardiaca a quell’offensiva liberale voluta dal nuovo corso. Peccato.
Alessandro Speziali, da bravo allenatore, non lo ammetterà mai, ma questa non è la lista dei suoi sogni. Del resto, per ogni coach degno di questo nome, la squadra che ha a disposizione è sempre la migliore del Mondo. Ma dovendo fare di necessità, virtù, il presidente liberale radicale ha rimodulato la strategia, passando da una lista Alfa a una cinquina di rinnovamento. Una sorta di piano B. Ragionamento ineccepibile.
Se la osserviamo da questo punto di vista, la lista ha una sua piena dignità. A nostro avviso Christian Vitta farà un ottimo risultato, anche perché molti ticinesi ricorderanno con gratitudine il suo ruolo di presidente del Governo nell’ora più buia della pandemia. Alessandra Gianella è certamente una figura Alfa, ha tutte le carte in regola per ambire a grandi traguardi e a una brillante carriera, forse più a Berna che in Ticino. L’unico limite, in questa tornata elettorale, è un profilo politico e caratteriale un po’ troppo a specchio rispetto a quello del ministro uscente. J.J Aeschlimann è un’idea a metà, un petardo bagnato, nell’ottica del rinnovamento, in quanto la sua esperienza cantonale si esaurirà con la campagna, non potendo candidarsi al Gran Consiglio per motivi professionali. Conosciamo troppo poco le dinamiche locarnesi e Luca Renzetti per sbilanciarci sul suo appeal elettorale. Mentre Andrea Rigamonti, al netto della mancata disponibilità del sindaco di Mendrisio Cavadini, può essere un’idea interessante. La destra ha lasciato una prateria nel Mendrisiotto - pur candidando Claudio Zali, molto amato - non avendo per ora deciso di schierare candidati della regione (manca un UDC e i due papabili sono entrambi luganesi, su una lista già ampiamente “luganocentrica”). Se Rigamonti saprà giocarsela bene, soprattutto sui temi di cui si occupa, traffico in primis, potrà portare un bel contributo al partito.
Certo, la sensazione che manchi qualcosa, resta. Qualche Gran Consigliere o qualche sindaco o municipale dei centri, ad esempio. Questa assenza dovrà essere compensata dal fiuto del presidente. Lui è convinto di aver scelto candidati in grado di sorprendere. Smentire oggi questa convinzione sarebbe un pregiudizio e un atto di presunzione. La campagna, come sempre, darà il giudizio.