“Non spetta ai magistrati suggerire alla politica quali scelte siano prioritarie e quali no. E ritengo che chiamare il popolo alle urne non è mai una cattiva cosa in uno stato democratico”
Il Gran Consiglio ha approvato mercoledì il credito di 76 milioni per l’acquisto dello stabile attualmente sede della banca EFG. Un primo passo verso la realizzazione della Cittadella della giustizia, che però presuppone ulteriori ingenti investimenti. Ma prima il credito dovrà superare l’ostacolo del referendum finanziario obbligatorio, che lo stesso Parlamento ha approvato poco dopo. Abbiamo posto tre domande al presidente del Tribunale penale Mauro Ermani.
Giudice, tutti convengono sulla fatiscenza dell’attuale palazzo di giustizia, ma alcuni sostengono che voi non lavoriate in una sorta di bidonville. I magistrati non stanno esagerando nel descrivere le condizioni dell’edificio di via Pretorio?
Credo che nessun magistrato abbia mai parlato di bidonville. Certo è, però, che qualsiasi persona in buona fede che visita l’attuale palazzo di giustizia di Lugano non può non constatare come si tratta di un edificio ormai obsoleto, che non risponde più alle necessità operative a cui una giustizia moderna deve far fronte.
Molti obiettano che la priorità sarebbe investire sul potenziamento della Magistratura piuttosto che sulla logistica. Secondo lei cos’è prioritario?
Esigenze logistiche e di personale spesso vanno a braccetto. Non so se, davvero, la giustizia, e soprattutto in quali settori, ha bisogno di potenziare i propri effettivi, ma è sicuro che, laddove vi fosse la necessità, occorre disporre di stabili appropriati dove ospitarli.
In tempi di ristrettezze finanziarie, di tagli nel sociale e di sacrifici, molti ritengono che sia esagerato un investimento che alla fine si aggirerà, tutto compreso, su un quarto di miliardo. È un’obiezione fondata? E da questo profilo è un bene che si possa esprimere il popolo?
Non spetta ai magistrati suggerire alla politica quali scelte siano prioritarie e quali no. La magistratura ha però il dovere di indicare le proprie esigenze e di segnalare i problemi a cui è confrontata e, da questo punto di vista, quello dell’esigenza di una sede che sia dignitosa e al passo coi tempi è senz’altro una priorità. Personalmente ritengo che chiamare il popolo alle urne non è mai una cattiva cosa in uno stato democratico.
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