MONTE CARASSO - Quest’estate si è parlato molto del ponte tibetano Carasc, costruito sui monti tra Monte Carasso e Sementina. Giustamente, perché è una di quelle opere coraggiose che confermano l’importanza di investire nel turismo in modo intelligente. È costato parecchio: circa un milione e 600'000 franchi, finanziati in buona parte dai due comuni e dai fondi cantonali per il turismo. Ma senza dubbio ne valeva la pena.
Per tutta l’estate quella zona di mezza montagna è stata frequentatissima da ticinesi e turisti, e sicuramente il ponte tibetano – lungo 270 metri, dove puoi camminare sospeso nel vuoto a 130 metri dal riale sottostante – è stata la grande attrazione.
Un’attrazione che ha contribuito, e contribuirà in futuro, a valorizzare maggiormente anche l’area di Curzut, raggiungibile a piedi, salendo da Sementina (partendo dai fortini della fame, tra vigneti e boschi di castagno) o da Monte Carasso, o in funivia.
Confesso che a Curzut non ci ero mai stato, pur avendone sentito parlare. Il nucleo di antiche costruzioni di pietra (rigorosamente con tetti in piode) è bellissimo, ed è stato ristrutturato dall’omonima Fondazione. C’è pure un ristorante gestito da GastroTicino dove trovano lavoro anche alcuni disoccupati nell’ambito di un progetto di reinserimento professionale. Un’altra scelta intelligente.
Non avevo nemmeno mai sentito parlare dell’oratorio di San Bernardo. E questo è il punto. Sarò distratto, ma di quella chiesetta di mezza montagna, risalente all’anno Mille, non conoscevo l’esistenza. Senza voler giudicare il valore artistico degli affreschi, realizzati tra il Trecento e il Quattrocento, che ricoprono praticamente tutte le pareti interne e il frontespizio dell’oratorio dedicato a San Bernardo, penso di non sbagliare se affermo che si tratta di un gioiello. Ma poco conosciuto e promosso.
Se tutti (o quasi) i ticinesi hanno sentito parlare (e probabilmente le hanno visitate) delle chiese di Botta a Mogno e sul Tamaro, o della Madonna del Sasso, sarebbe interessante sapere quanti conoscono la chiesetta di San Bernardo. Eppure questo piccolo gioiello contiene un’Ultima cena che, da sola, potrebbe diventare un’attrazione, non solo per chi ama l’arte sacra. Sul tavolo, di fronte a Gesù e agli apostoli, ci sono prodotti locali, come gamberi di fiume, ciliegie e perfino un maialino. Ed è questa la particolarità del Cenacolo. Inoltre, Cristo non ha davanti a sé solo il pane, ma tiene un’ostia tra le dita. Un’Ultima cena molto particolare, che potrebbe diventare una sorta di icona del turismo ticinese. Non meno del ponte tibetano… Ma la domanda finale è: quanti gioielli simili ci sono in Ticino ancora tutti da valorizzare?
Marco Bazzi