SECONDO ME
Il caos giustizia, la seconda ondata Covid e la libertà di espressione: sostiene Ferrara (Natalia)
La candidata alla presidenza del PLR ci scrive per dire la sua su due recenti analisi pubblicate su Liberatv
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di Natalia Ferrara*

Un proverbio cinese ci insegna che il posto più buio è sotto una luce accesa. Mi è tornato in mente leggendo un paio di recenti articoli di Andrea Leoni - sulla questione magistratura e in tema Covid-19, leggi articoli correlati - che hanno opportunamente richiamato l’attenzione su quei principi basilari di uno Stato di diritto che, sempre più, appaiono invisibili.

Il primo è quello che pone al centro il rispetto delle regole che, in ambito giudiziario perlomeno, rappresentano la vera garanzia del rispetto anche delle persone. Le attuali controversie sul rinnovo del Ministero pubblico, per restare sull’esempio più attuale, nascono proprio da una brutta e atavica abitudine, ticinese ma non solo: gli obiettivi contano più delle procedure, le circostanze più delle regole. In questo caso il danno derivatone lo abbiamo visto e credo che, ahinoi, non sia ancora concluso. La conseguenza di tutto ciò è che ogni affermazione genera un sospetto, ogni chiarimento un dubbio, ogni difesa un rimprovero. Via via i fatti spariscono, le regole sembrano cavilli e anche le persone, la loro integrità, sbiadiscono come cartoline al sole. Ci si dimentica e del diritto e dei cittadini. Prevale, così, la ricerca dei moventi, anticamera del processo alle intenzioni, e il danno di immagine è tanto grave da chiedersi quando e come possa essere riparato. In altri Paesi è la delinquenza organizzata a cercare di delegittimare la magistratura, noi ci riusciamo da soli: involontariamente, certo, ma il guaio resta. Per fortuna le persone al fronte resistono, tant’è vero che al Ministero pubblico, nonostante tutto, donne e uomini, compresi i “bocciati”, continuano a lavorare senza sosta. La stampa ci riferisce di processi, di arresti, di inchieste che proseguono, pur nell’attesa delle decisioni del Parlamento. E bene che sia così ed è giusto renderne merito.

Venendo all’altro tema d’attualità, Leoni, per rapporto alla pandemia di Covid-19, ha evidenziato un altro aspetto centrale, ovvero che le varie libertà stanno in equilibrio tra di loro. Chi pensa solo ad una libertà finisce sempre per minacciarne un’altra, che lo voglia o no, sua o di qualcun altro. La situazione sanitaria attuale ha reso tutto ciò drammaticamente evidente: la mia libertà di movimento può mettere in pericolo la tua libertà di restare in salute. La mia libertà di parola può porre a rischio la tua libertà di decidere consapevolmente cosa fare. In un contesto così drammatico, “dire qualcosa di liberale”, per citare la celebre espressione, è tanto indispensabile quanto difficile. Il dilemma, una volta ancora, sembra essere tra “regole” e “responsabilità individuale”. Quest’ultima, tanto giustamente affermata anche in questo contesto, viene da alcuni fraintesa.

La responsabilità individuale non è mai stata sinonimo della libertà di fare scelte che tengano conto soltanto dell’interesse di chi sceglie, meno che mai in situazioni di difficoltà collettiva. Né consente di violare le regole, che si criticano e, se del caso si cambiano, ma, frattanto, si rispettano. Vorrei, però, fare un passo anche in un’altra direzione. Yuval Noah Harari, uno fra i più importanti storici israeliani, ha affermato che l’epidemia arrischia di essere pericolosa soprattutto perché amplifica a dismisura l’impiego delle tecnologie di controllo delle persone, dei loro spostamenti, della loro condizione di salute e molto altro. Come una guerra, fa correre le tecnologie, cambia le percezioni del pericolo e genera paure che possono prendere mille strade. Vi ricordate i cambiamenti post 11 settembre? Ecco, in un momento già segnato da altre minacce globali, la pandemia sposta ulteriormente il baricentro sul “prevenire”, sulla gestione del “rischio”, sul “controllo”. Il che, come sappiamo, giustifica vieppiù le varie sorveglianze, con tutti i loro rischi potenziali. Oltre che discutere sulle mascherine o sulle ore di apertura e chiusura di bar, ristoranti e discoteche (temi seri e importanti, per carità) parliamo anche di questo. Passato il Covid-19, come faremo ad essere certi di non vivere in una società del tracciamento permanente? Come assicurarci che per vincere un virus non si decreti la fine della sfera privata? Noi liberali per primi, ma tutti in realtà, anche a questo dovremmo pensare. Il Covid-19 passerà, la libertà deve restare.

*deputata PLR al Gran Consiglio

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