Il presidente del PPD su Popolo e libertà: "Lo Stato dia l'esempio. Qualcosa proprio non funziona"
* di Fiorenzo Dadò (tratto da Popolo e libertà)
La questione di come devono venire affrontate le denunce di molestie sessuali, di stalking e di mobbing sul posto di lavoro, neppure dopo che la campagna Me Too ha fatto emergere una quantità di scandali impressionanti a tutti i livelli della società, è tutt’altro che archiviata. Basta notare come è stato affrontato da parte del Governo prima e del Gran Consiglio poi quel che di brutto è capitato all’interno dell’Amministrazione cantonale nei primi anni 2000 per rendersi conto che la gravità della situazione non è chiara a tutti e che qualcosa proprio non funziona.
OMERTÀ O CORAGGIO: DUE MODI DI AGIRE
Mentre il Parlamento ticinese ha recentemente messo la testa sotto la sabbia sugli abusi dell’ex funzionario, la Società di radiotelevisione svizzera (SSR) ha avviato in questi giorni ben due indagini in seguito allo scandalo di molestie sessuali avvenute negli anni scorsi e che ha coinvolto la sua filiale di lingua francese (RTS). Una prima inchiesta per rafforzare il sistema contro le molestie sul posto di lavoro, e un’altra per stabilire la responsabilità nella gestione dei casi degli abusi avvenuti a quel tempo. Inoltre, per raccogliere le testimonianze delle vittime, SSR ha deciso di allestire una struttura di ascolto anonima. Due modi di procedere diametralmente opposti che non richiedono ulteriori commenti.
E SE FOSSE NOSTRA FIGLIA?
Riportiamo un estratto della storia di R. apparsa su un Quotidiano, che è purtroppo tragica come quella di diverse altre ragazze, tra le quali Tania Rosato, che ha avuto l’ammirevole coraggio di parlare (ndr: intervistata da Popolo e Libertà). Empatia e immedesimazione: sono questi i sentimenti necessari per comprendere il dramma delle ragazze abusate e combattere l’omertà; un giorno questa potrebbe essere la triste storia di nostra figlia, saremmo contenti se venisse messo tutto a tacere? Un’infanzia spensierata, un apprendistato e degli studi brillanti, il sogno di una carriera, magari negli uffici pubblici, proprio dove dovrebbe esserci la massima garanzia di tutela e di rispetto della persona. “Per anni ho subito abusi psicologici e molestie. Poco a poco mi sono spenta, ho perso interesse per la vita e mi sono ammalata. Fino a quando non ho trovato il coraggio di parlarne a casa e con l’aiuto della mia famiglia e del mio compagno sono riuscita ad andare via da quella prigione. È stato un processo lungo e dolorosissimo. Io non volevo più vivere, mi sentivo annientata, pensavo fosse colpa mia, pensavo di non valere nulla. Grazie all’aiuto di una psicologa piano piano sto tornando a vivere. Ma non mi sono mai sentita così sola e indifesa (…) I pregiudizi sull’argomento sono così radicati che sono io ad essere stata isolata e non lui. Io non parlo mai di quello che mi è successo, perché spesso viene usato contro di me. Non voglio essere tutta la vita una vittima. Voglio tornare a essere una donna”.
LO STATO DIA L’ESEMPIO!
Secondo le stime dei sindacati una donna su tre e un uomo su dieci vengono molestati sul posto di lavoro nel corso della loro vita. Le gravi conseguenze di una molestia sessuale, di stalking e di mobbing, possono essere devastanti per la formazione, la carriera e la salute delle vittime. Lo Stato deve quindi dare l’esempio, garantendo il loro ascolto, non mettendo la testa sotto la sabbia!
* presidente PPD