"Se per ogni cantiere dovesse manifestarsi la nota sequenza di proteste, rinvii e ricorsi, le conseguenze sarebbero prevedibili"
di Edy Salmina*
Mio padre lavorava per l’Ofima e ho passato i primi anni di vita in valle di Peccia prima e a Cevio poi: abbastanza per lasciare tracce molteplici, quella del maestro elementare Ivo Giulieri ad esempio. Sono, oggi, zone sconvolte, in molti punti irriconoscibili o impraticabili. Vite, case e cose distrutte, quotidianità franate anch’esse, incertezze, difficoltà e timori in un quadro illuminato solo, ma fino a quando, dall’incredibile capacità di reazione dei coinvolti e dalla solidarietà che oggi li circonda, prima fra tutte quella di chi soccorre, consola, cura, vigila, trasporta, ripulisce, racconta. Il tutto in un contesto delicato, segnato al contempo da catastrofi sempre più frequenti e da un dibattito, pericoloso, sul costo della protezione delle zone alpine.
In alta Vallemaggia la natura ha rimostrato la sua forza ma, una volta di più, lo ha fatto anche chi ha da subito iniziato una riparazione del territorio titanica per dimensioni quanto difficile e necessaria per condizioni. La vicinanza collettiva continuerà, spero, anche dopo l’emergenza, quando si tornerà alle competenze usuali, si dovrà riedificare, esaminare casi singoli, pianificare, progettare e realizzare opere pubbliche e private, decidere come, chi e quanto finanzierà cosa.
Davanti a una situazione eccezionale sapranno le nostre ormai abituali conflittualità e lentezze fare spazio a un’efficienza rispettosa delle leggi e delle necessità democratiche ma non da esse, di fatto, irragionevolmente rallentata o impedita? Se per ogni cantiere, ogni tracciato, ogni intervento, ogni opera pubblica, ogni risarcimento, ogni recupero dovesse manifestarsi la nota sequenza di proteste, opposizioni, sospensioni, ricorsi, conflitti di competenze, rinvii e ripicche le conseguenze sarebbero prevedibili. Passata l’emergenza resterà la straordinarietà e con essa, appunto, la difficile gestione dei processi decisionali in contesti speciali. Una questione delicata che chiama in causa la responsabilità dei privati ma anche, e in alcuni ambiti soprattutto, dell’apparato pubblico nelle sue molte articolazioni, giustizia compresa. Sullo sfondo, sennò, il pericolo che l’alta Vallemaggia si svuoti ulteriormente, ovvero diventi, se va bene, un territorio di case secondarie e di gite di fine settimana.
Plinio Martini, che amava la valle di un amore a volte tormentato, ha scritto: “Che il nostro paese fosse bello ce l’hanno detto gli altri, venuti qui in vacanza, e di solito rispondevamo che ‘dal bello non si mangia via niente’”. Da molto tempo ormai, per fortuna, anche chi vive nelle zone di cui parliamo ne vede e apprezza l’incanto e le peculiarità, tanto da sovente considerarli fattori di attività economica o ragioni per risiedervi. Ma non basta, specialmente se ai danni della natura dovesse aggiungersi la frustrazione del tempo che passa invano e avvia la spirale di rassegnazione negli uni e disattenzione negli altri”.
*avvocato - articolo pubblicato su La Regione