SECONDO ME
Bruno Cereghetti: “Pianificazione ospedaliera: i RAMI, la gallina nella cuccia e il salto della quaglia”
“Il tema sarà stato oggetto di approfondimenti giuridici di dettaglio in Commissione sanitaria o ci si sarà limitati ad un atto di fede pura verso il verbo governativo?”
TiPress/Alessandro Crinari

di Bruno Cereghetti *

La nuova pianificazione ospedaliera riproporrà i RAMI, ossia i reparti acuti di minore intensità. Si tratta di stazioni che si occupano di pazienti ospedalieri non ancora pronti per il rientro a domicilio in quanto necessitano sempre di cure importanti (acute) per qualche tempo ancora, ma di grado inferiore rispetto a quelle ospedaliere ordinarie.

Per come sono collocati nel contesto legislativo cantonale – quindi non in quanto tali -, i RAMI sono stati oggetto di critiche assolute da parte del Tribunale amministrativo federale (TAF) - violano il diritto federale –, ma anche dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) in quanto, tra le altre cose, danneggiano finanziariamente i pazienti.

Quale l’origine e la ragione di tali strali lapidari? Ciò è da far risalire a un colpo di mano dell’ultimo minuto, sembra orchestrato dal DSS, come illustrato in aula da qualche deputato, che, vituperando il buon lavoro della Commissione speciale ospedaliera, a poche ore dal dibattimento finale, e senza dire nulla prima, ha spinto il Parlamento a collocare i RAMI nel segmento delle case di cura (case per anziani, per intenderci).

Per capire meglio il contesto, ecco i giudizi tombali di cui sopra (e sui quali, pour cause, il Messaggio svicola alla grande). Così il TAF: “è chiaro che la forma ibrida che costituiscono i reparti acuti di minore intensità come prevista dalla legislazione cantonale viola il diritto federale” (STAF C- 2229/2016 del 25.02.2019). E così l’UFSP: “a causa dell’incongruenza di fondo tra la funzione dei RAMI di fornire prestazioni ospedaliere e l’autorizzazione concessa come case di cura, non è possibile alcuna soluzione di conformità con la LAMal per il finanziamento di pazienti curati nei RAMI” (…) “Procedendo in questo modo il Cantone non ha rispettato né le disposizioni della LAMal in materia di autorizzazione, né quelle in materia di fatturazione”. (…) Ricordiamo che in questa situazione anche i pazienti sono danneggiati finanziariamente. (…) il Cantone ha stabilito un contributo a carico del paziente di 30 franchi al giorno. Con l’applicazione della fatturazione conformemente alla legge, i pazienti avrebbero dovuto invece pagare unicamente 15 franchi” (in determinazione del 18 aprile 2019).

Si tratta di intemerate non da poco! Di quelle che avrebbero fatto abbassare le orecchie persino al Mike Tyson dei tempi migliori. Ma non al Cantone, che ha continuato imperterrito sulla sua via, in particolare facendo pagare ai pazienti 30 franchi al giorno in luogo dei 15 di legge. Come se a parlare fosse stato il Gigi di Viganello in qualche sperduto bar in tarda serata, e non la nostra Massima Istanza di giudizio.

Ora i RAMI sono riproposti, accompagnati da un clamoroso salto della quaglia: sono definiti, in modo del tutto sedicente e artato, “reparti che dispensano cure, assistenza medica e misure di riabilitazione per pazienti lungodegenti (case di cura)”, in modo da giustificare il bislacco sistema di finanziamento, che tra l’altro implica che i pazienti debbano pagare 15 franchi in più al giorno. Quando in realtà i RAMI restano quelli di prima, ossia reparti che si occupano per qualche giorno in più di pazienti bisognosi di cure acute, ancorchè più lievi, prima del rientro a domicilio.

Nel Messaggio e nel disegno di legge resta la definizione di reparti acuti di minore intensità. Quindi pur sempre acuti. Nulla è cambiato al riguardo. Quindi un contesto ben lontano dai pazienti lungodegenti ai sensi della LAMal, che sono quelli delle case per anziani (art. 39 cpv. 3 LAMal), la cui degenza dura per anni e anni. Oltre tutto si tratta di un salto di quaglia zoppa, in quanto già i RAMI del 2015 sono collocati nel segmento legislativo delle case di cura (letteralmente: “È adottato il seguente elenco di istituti ai sensi dell’art. 39 cpv. 3 LAMal”, che è quello delle case di cura, tra cui figurano i RAMI attuali).

Ed è proprio ciò che ha causato il biasimo giuridico tombale del TAF e dell’UFSP. In realtà la nuova pianificazione cambia nulla di nulla nella sostanza giuridica. Come se bastasse mettere una gallina in una cuccia per far credere che è un cane. Purtuttavia ha superato lo scoglio della Commissione sanitaria. Mah! Il tema sarà stato oggetto di approfondimenti giuridici di dettaglio o ci si sarà limitati ad un atto di fede pura verso il verbo governativo? Chissà se riuscirà a convincere il Gran Consiglio, il prossimo novembre, che la gallina in una cuccia diventa automaticamente un cane? Quello che è certo è che non si riuscirà a convincere il TAF.

* già capo dell'Ufficio assicurazione malattia

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