TELERADIO
RSI: i tagli, le molestie, il futuro di Rete2... Parla Mario Timbal: "Ecco il mio progetto e i miei valori. E a chi dice che l'informazione è troppo di sinistra..."
"E vi racconto come ha reagito mia mamma, Carla Del Ponte, alla notizia della mia nomina"

di Marco Bazzi

COMANO - Da inizio aprile Mario Timbal è subentrato a Maurizio Canetta alla direzione della RSI. Con i suoi 43 anni è il più giovane direttore della storia della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana. Viene dal mondo del cinema e della cultura, essendo stato direttore operativo del Festival del film di Locarno e negli ultimi anni direttore operativo della Fondazione LUMA con sede nella città francese di Arles.

Questa mattina ha illustrato i suoi progetti in una video conferenza alla quale si sono collegati oltre cinquecento collaboratori dell’azienda. E ha presentato la sua “carta dei valori”. Trasparenza, “come antidoto alle derive del disagio e delle porte chiuse”; indipendenza; creatività, “anche a costo di commettere errori”; rispetto per la diversità in tutte le sue forme; ascolto; autorevolezza; tenacia...

E ha indicato la parola d’ordine che, nella sua visione, dovrà fare da collante a questi principi: trasformazione. Per garantire al servizio pubblico una nuova, e stabile, sostenibilità.

Timbal si è presentato come il capitano (o forse il coach) della squadra. Come colui che cercherà di creare le condizioni per affrontare “una sfida collettiva”, di mettere a disposizione dei collaboratori di ogni settore gli strumenti necessari per guidare la nave della RSI nel mare del futuro. Che è un mare senza dubbio agitato: “Non sono naif, so che non ci sono vie facili. I risparmi annunciati per il 2024 ci sono e sono ancora da fare. Le risorse diminuiscono, e le abitudini del pubblico cambiano”.

Il nuovo direttore ha affrontato a viso aperto anche i temi delicati, come quello delle molestie e del mobbing, al centro di un’inchiesta esterna affidata a un pool di avvocati.

Ma la prima domanda che gli rivolgiamo riguarda sua madre. Perché Mario Timbal è figlio di una donna celebre: Carla Del Ponte.

Come ha reagito alla notizia della sua nomina?

“Ha risposto con il suo tipico stile. Mi ha detto: ah, bene! Poi è passata a un argomento pratico, tipo le scarpe che bisognava comprare per mio figlio. Ma so che è contenta e fiera”.

Le pesa essere figlio di una donna che ha ricoperto cariche prestigiose a livello nazionale e internazionale?

“Affatto. Penso invece che sia una fortuna avere una mamma così. Certo, c’è anche l’altro lato della medaglia: la mia non è stata una vita ‘canonica’, ho dovuto studiare in collegio, essere sottoposto per anni a misure di protezione. Ma sono fiero di mia madre e posso garantire che essere figlio di Carla Del Ponte non ha avuto influenza sul mio lavoro. È piuttosto una cosa che colpisce gli altri, e che a volte alimenta fantasticherie, per esempio in chi pensa che questa condizione mi abbia agevolato”.

Veniamo ai tagli e alle misure di risparmio. Quanto saranno dolorosi?

“I tagli finanziari a cui dovremo sottostare vengono decisi a Berna, ma noi abbiamo piena libertà sulle modalità con cui attuarli. Non posso escludere che ci saranno alcuni licenziamenti, ma faremo di tutto perché siano il meno possibile. Saranno l’ultima ratio. Cercheremo di agire prima sulle fluttuazioni del personale. Credo però che questa incertezza continua sia molto dannosa per il clima aziendale e voglio arrivare a un risultato che la elimini. Non ci sono soluzioni semplici o indolori. L’importante è adottarle con trasparenza”.

Trasparenza è un termine che questa mattina ha utilizzato toccando il tema delle molestie e dei casi di mobbing…

“È una questione che occupa e preoccupa tutta la dirigenza della SSR e i partner sociali. Ma per ora posso dire poco. Le segnalazioni sono riservate: sono nelle mani del pool di avvocati che sta conducendo l’inchiesta. Il malessere c’è, ma per capire quanto è profondo dovremo attendere i risultati delle verifiche, che arriveranno nel corso dell’estate. Posso però dire che gli strumenti per prevenire fatti del genere andranno rafforzati. Un altro fronte su cui lavorare sarà la cultura aziendale: la trasparenza è il miglior antidoto a tutte queste derive. E una cultura aziendale si cambia solo con l’esempio. Ci troviamo in un momento difficile, in cui la reputazione e la credibilità aziendale sono state toccate: dovremo dunque fare i conti con il passato. Rafforzare il rapporto con le parti sociali”.

A questo proposito lei ha lanciato un appello al dialogo con il sindacato…

“Assolutamente sì, vorrei costruire un approccio aperto e non dogmatico, basato su una fiducia reciproca e su chiare regole di ingaggio. Aspiro ad avere un sindacato ancora più rappresentativo, così da arrivare ad accordi che tengano nel tempo e che non vengano messi in discussione. Vengo da un’esperienza in Francia dove ho lavorato con sindacati molto forti”. 

Veniamo al palinsesto radiotelevisivo, e alla parola d’ordine “trasformazione”. Come intende declinarla?

“Quando parlo di trasformazione intendo che dobbiamo uscire dai canoni di pensiero attuali e trovare nuovi equilibri. Oggi i programmi non possono più nascere su un solo vettore ed esaurirsi lì. Abbiamo competenze che creano contenuti di qualità e questi contenuti devono raggiungere più pubblico possibile. Dobbiamo pensare a programmi che nascono già sapendo di avere più vettori di fruizione. Non vedo perché, per esempio, un programma radiofonico di Rete2 non possa trovare spazio anche in tivù, o una replica su un’altra rete radio, e non possa essere successivamente adattato e pubblicato come podcast. Solo così avrà una valorizzazione maggiore e anche una sostenibilità economica”.

Altro messaggio importante: no allo smantellamento di Rete2.

“Guardi, credo che Rete2 sia un centro di competenze culturali che va a beneficio di tutta la Svizzera italiana, ma che finora è rimasto confinato a un canale che ha un bacino ristretto. Ecco, vorrei che i programmi che nascono su Rete2 possano attraversare il palinsesto della RSI in modo trasversale. Non immagino quindi una radio puramente musicale, ma una radio che assume il ruolo di approfondimento culturale e produce contenuti capaci di viaggiare su altri vettori e toccare altri pubblici”.

Come intende costruire la sua squadra?

“Premesso che tutti i collaboratori fanno parte della squadra, se parliamo di quadri, non ho ancora idee precise. La responsabile dei programmi, Milena Folletti, mi ha comunicato la sua volontà di lasciare la RSI solo la scorsa settimana. Con lei partono importanti competenze a livello di Direzione, e dovremo individuare una persona che sia in grado di riprenderne almeno alcune, per garantire continuità all’interno del Dipartimento. Da domani inizierò a pensarci. Ci sono molte riflessioni che entrano in gioco, compresa quella su come gestire la creatività in futuro”.

Come vede la sfida con i grandi network, da Netflix a Sky?

“Semplicemente, non vedo nessuna sfida: non possiamo considerare competitor questi giganti. Dobbiamo piuttosto lavorare sui nostri punti di forza, sulla qualità, sul contatto con il territorio, che il pubblico non troverà mai sulle piattaforme internazionali”.

C’è però una sfida importante sui grandi eventi sportivi…

“Certo, abbiamo perso la Champions, e sappiamo che il pubblico ticinese é molto interessato gli sport premium: calcio, hockey, ciclismo, tennis, auto e motociclismo. E su questi continueremo a puntare, perché lo sport resta un forte elemento di coesione. Consapevoli, però, che con i soldi della Champions League possiamo produrre contenuti più orientati al pubblico locale”.

Come intende rispondere a chi ritiene l’informazione della RSI troppo orientata politicamente a sinistra?

“Non l’ho mai percepita come tale, ma so che in alcune persone c’è questa percezione. Starà a noi fare programmi e informazione che non siano né di sinistra nè di destra, e nemmeno ministeriali, perché fare servizio pubblico non significa essere istituzionali o noiosi. Abbiamo l’autorevolezza e la capacità di guardare con coraggio a tutto, anche alle critiche”.

 

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