I direttori dei quotidiani commentano l'esito scontato della giornata di domenica. Righinetti: "Altro che domenica noiosa, quella di ieri promette di delineare un futuro diverso"
BELLINZONA – “Avanti rovina la festa a sinistra”. “Marina Carobbio eletta nel tonfo rossoverde”. Il Corriere del Ticino e La Regione titolano così il giorno dopo la composizione del nuovo – si fa per dire – Governo. Il direttore de La Regione Daniel Ritzer getta lo sguardo a sinistra, dove è chiaro che qualcosa non è andato come da previsioni.
“E pensare – scrive Ritzer nell’editoriale – che nei mesi precedenti c’era chi, all’interno dell’area rossoverde, aveva osato parlare di raddoppio. Risultati alla mano, invece, l’alleanza tra socialisti e Verdi per l’elezione al Consiglio di Stato si è rivelata un flop: rossi e verdi insieme non solo non hanno raggiunto gli indici di consenso ottenuti alle elezioni di quattro anni fa, quando corsero separati; addirittura sono andati indietro di oltre 4 punti percentuali. Sarà questo il “prezzo da pagare” per aver scelto una compagine di mero accompagnamento all’unica candidatura competitiva, ovvero quella della neoeletta Marina Carobbio? Pare di sì (…).
“Qualche domanda potrebbe porsela anche il Centro: visto lo spessore dei nomi scelti per affiancare l’uscente Raffaele De Rosa, ci si poteva attendere qualcosa in più. Ma è pur vero che la stabilità, dopo anni di emorragia, potrebbe essere considerata un risultato dignitoso. In casa Plr, che arretra di qualcosa, Christian Vitta (il candidato più votato in assoluto) conserva seggio e, a meno di clamorosi colpi di scena, Dipartimento. Un Dfe che dovrà ora affrontare la “patata bollente” della manovra di rientro”.
Paride Pelli, direttore del Corriere del Ticino, apre il suo editoriale concentrandosi sui dati in merito alla partecipazione al voto. “Circa la partecipazione elettorale, invece, possiamo parlare di una progressiva erosione: a questo giro si è assestata al 55,99%, peggior dato di sempre alle Cantonali, in calo sul 2019 (59,3%), sul 2015 (62,3%) e pure sul 2011 (58,5%). Male, certo, ma non malissimo, verrebbe voglia di dire. Non siamo in caduta libera, ma comunque in netta e preoccupante discesa. La mancanza di un vero e proprio confronto politico durante la campagna elettorale ha fatto il resto: anzi, l’assenza di una vera e propria campagna tout court - svoltasi tra qualche polemica sterile per lo più all’interno delle liste che all’esterno - ha prodotto disinteresse tra tutti i possibili elettori non legati a un dato partito e alle sue dinamiche. Insomma, sia tra i partiti sia a livello di candidati, ognuno si è limitato a coltivare il proprio orticello, a preservare quanto già avesse, tanto o poco che fosse. Vi è una tendenza al consolidamento: non è un caso che, per la prima volta dopo aver perso il secondo seggio nel 2011, il PLR in questa tornata non abbia mai nemmeno accennato a volerlo riconquistare a scapito della Lega, preferendo puntare sul sano realismo – scelta che gli fa anche onore – invece che strillare ambizioni e obiettivi impossibili che avrebbero però messo un po’ di sale (e di pepe) su questa insipida campagna”.
Secondo Pelli, “i partiti devono poi (soprattutto) interrogarsi sulla crescita sempre più robusta della scelta senza intestazione, ormai addirittura primo partito a livello percentuale di schede (…). Tornando al dato sulla partecipazione, chissà a che percentuale sarebbe precipitato se non fosse stato introdotto il voto per corrispondenza. Oggi i seggi sono sempre più deserti: quasi figli di una politica superata, quella legata più ai comizi e agli eventi dal vivo che all’astratta comunicazione digitale dei social media”.
Uno sguardo ai risultati lo getta anche Gianni Righinetti, vicedirettore del Cdt. “(…) Ma i risultati delle forze politiche ci dicono che nelle ore trascorse dalle 12 di ieri fino a tarda sera sono state gettate le basi per alcuni cambiamenti di non poco conto che potremmo tastare in maniera tangibile oggi, alla luce dello spoglio per il Gran Consiglio, con quei dati che realmente ci diranno la reale forza dei partiti. Ad uscire con le ossa rotte è la grande novità di questa tornata elettorale, con la lista rossoverde che ha fatto letteralmente flop, mentre la ripudiata Amalia Mirante si è presa una corposa vendetta e la sua lista Avanti con Ticino&Lavoro è pronta a riscattare in termini concreti il successo di bandiera. Per Mirante e i suoi nuovi compagni di viaggio, il primo segnale positivo è arrivato al debutto dello spoglio. Non è stato un fuoco di paglia, ma il segnale di una tendenza che ha trovato conferma cammin facendo. Da quel momento le certezze dei rossoverdi si sono man mano sgretolate e, a bocce ferme, si deve parlare di una disfatta del nuovo fronte progressista”.
E ancora: “Detto in termini nudi e crudi, socialisti ed ecologisti si apprestano ad affrontare il peggiore degli scenari: costruire un’alleanza e trovarsi con un saldo negativo in Parlamento. Alla storiella degli amici rossi e quelli verdi indefessi lavoratori per costruire un futuro solido non hanno creduto gli elettori, perché in politica il futuro è oggi e non domani. L’astio si paga a caro prezzo, l’accanimento contro Mirante e il successivo atteggiamento acritico sulla questione della successione al Consiglio degli Stati con Carobbio che non ha voluto fare spontaneamente alcun passo indietro, dice tutto sull’atteggiamento supponente tenuto dalla sinistra e dai suoi alleati (…). Altro che una noiosa domenica, quella di ieri promette di delineare un futuro diverso”.