Il presidente dell'Ordine dei medici lancia un accorato appello ai ticinesi: "Sono molto preoccupato! Aiutateci a convincere il Governo a non mollare o rischiamo di mandare a ramengo tutti gli sforzi fatti finora"
di Andrea Leoni
Franco Denti, cominciamo dalle buone notizie. I numeri, dopo tanti sforzi, sono davvero positivi. Cominciamo a vedere la luce in fondo al tunnel. È così?
“Senz’altro. Le misure messe in atto dal Consiglio di Stato, stanno dando risultati significativi proprio in questi giorni. Registriamo una riduzione dei ricoveri e dei contagi. Sono dati molto incoraggianti. Come medico non posso che ringraziare infinitamente tutti i cittadini ticinesi, che in queste settimane hanno sofferto per queste restrizioni. Il loro sforzo è stato ed è veramente utile al sistema sanitario e a tutti coloro che si ammalano. Ma la battaglia non è finita”.
Ci spieghi.
“La storia delle epidemie parla chiaro. Quando si abbassano i contagi, bisogna arrivare a un dato stabile e duraturo nel tempo, perché aprire troppo presto potrebbe fare ripartire la malattia con gli stessi valori che abbiamo visto a inizio mese. Il pericolo è veramente grande. Con la spagnola, a inizio secolo, fu fatto questo errore tremendo. Le Città che aprirono per prime furono quelle che ebbero le ricadute peggiori. Dobbiamo imparare da quella lezione”.
In pratica parliamo dei famosi 60 giorni. Il primo mese di lockdown per schiacciare la curva dell’epidemia e il secondo per stabilizzarla con un numero minimo di contagi giornalieri. Corretto?
“Questo è quello che consiglia la letteratura scientifica a livello mondiale e quello che ci suggeriscono anche le recenti esperienze, penso alla Cina, con il Covid19. Il 19 aprile avremo fatto il primo mese di lockdown. Da quel giorno dovremo consolidare i dati. L’ideale sarebbe per un mese, ma si possono considerare anche due settimane. Direi che passato il ponte del Primo maggio, si potrebbe cominciare ad allentare la morsa delle restrizioni. Farlo in meno tempo sarebbe davvero troppo rischioso”
Le pressioni di chi vuole riaprire però, stanno aumentando.
“È comprensibile che dal mondo dell’economia arrivi qualche pressione, resta però la solita domanda: quanta vale una vita umana? Con queste pressioni si rischia soltanto di mandare a ramengo tutti gli sforzi fatti dai ticinesi in queste settimane”.
Con il pericolo di passare tutta l’estate murati in casa come in questi giorni?
“Il rischio è quello”
Al di là delle pressioni dell’economia, però, le decisioni alla fine le prende il Governo.
“Per questo mi sento di fare un accorato appello alla popolazione ticinese, perché il Governo alla fine è l’espressione dei cittadini. Se i ticinesi sono pronti a fare ulteriori sforzi per un bene comune più grande, il Consiglio di Stato dovrà percepire questa richiesta".
Avverto in lei la stessa preoccupazione che esprimeva all’inizio di questa brutta storia, quando per giorni ha chiesto inascoltato la chiusura delle frontiere, delle scuole, delle varie attività.
"È lo stessa preoccupazione, è vero, forse ancora più marcata. Dobbiamo aiutare il Consiglio di Stato a mantenere questa posizione. Non dobbiamo assolutamente cambiare rotta. Non bisogna aprire prima della fine di aprile. Il rischio è troppo grosso. Non prendiamo scorciatoie che potrebbero accontentare l’economia. Prima viene la vita dei cittadini”.
Perché è così preoccupato che il Governo possa cedere?
“Le uscite che sono state fatte a livello federale e anche le pressioni a livello cantonale, mi preoccupano. E mi domando se chi ha fatto queste pressioni sul Governo, sia cosciente del problema con cui abbiano a che fare. Pensiamo anche ai sacrifici dei pazienti delle case per anziani e dei loro famigliari che da settimane non possono vedersi. Vogliamo far ripartire l’epidemia in queste strutture per la fretta di aprire? Chiedo veramente al mondo economico di tenere conto dei sacrifici fatti dai ticinesi, a partire dai molti che hanno perso una persona cara in queste settimane"
In caso di errore sulle riaperture poi, si rischia di distruggere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
“Se sbagliamo, innanzitutto manteniamo viva questa epidemia a un livello medio. E questo inevitabilmente porterebbe a una mancanza di fiducia nelle istituzioni. La gente non ci seguirebbe più nelle raccomandazioni. Il Ticino sta dimostrando in queste settimane di poter far scuola. Non perdiamo questa credibilità”.
Inoltre c’è il problema della Lombardia e dei frontalieri. All’inizio della storia in Ticino sbagliammo ad applicare politiche opposte rispetto alla regione di confine (vedi Rabadan e scuole). Ora rischiamo di ripetere lo stesso errore?
“Esatto. Dovremmo allinearci a quello che succede in Lombardia, anche rispetto le riaperture. C’è anche un dato interessante: mentre a livello regionale la curva si sta abbassando, nelle province a noi confinanti i contagi aumentano. Questo lascia perplessi. Se apriamo subito l’economia tornerebbero decine di migliaia di frontalieri sul nostro territorio e non possiamo permettercelo. È un dato che da un punto di vista epidemiologico va tenuto ben presente”.
Tra l’altro tutti i Paesi che hanno riaperto, o che si apprestano a farlo nelle prossime settimane, stanno mettendo in campo tutta una serie di misure accompagnatorie. Dalle mascherine obbligatorie per tutti, ai test a tappeto, fino alla tracciabilità digitale, attraverso le App. Da noi si rischia di aprire prima del tempo necessario e senza essere pronti con queste misure.
“Esatto. E noi anziché passare i prossimi giorni a litigare sulla data di riapertura, dovremmo impiegare le settimane che ci separano dal ponte del Primo maggio, proprio per mettere in campo queste misure accompagnatorie. Le mascherine sono un aspetto. Sfruttiamo questi giorni affinché ogni cittadino possa averle per uscire di casa in sicurezza. Oggi questo non è possibile perchè le mascherine non le abbiamo. Ma, come dimostra l’esperienza di Paesi a noi vicini, nel giro di qualche settimana ci si può organizzare, comprando anche le macchine per produrle. L’iniziativa privata potrebbe supplire a questo problema in poco tempo”.
Per conclude Dottor Denti, alla fine si tratta semplicemente di dire ancora una volta la verità ai cittadini, anche se è spiacevole.
“Se vogliamo essere credibili e solidi, dobbiamo dire le cose come stanno alle persone. Le misure che ci permettono di controllare l’epidemia, sono quelle restrittive che abbiamo messo in atto. È possibile che in futuro dovremo ancora passare momenti come questi, speriamo il più brevi possibile. Ma tutto passa per il tempo, che ci serve da un lato per mitigare al meglio questa prima ondata, dall’altra a riorganizzare la società ticinese con un nuovo modello. Perché il nostro modo di vivere non sarà più come quello di prima per molto tempo. Questa malattia continuerà a circolare finché non sapremo curarla o non avremo il vaccino. So che ce la faremo ma dobbiamo ancora remare tutti uniti come fatto nelle ultime quattro settimane. Stiamo calmi e stiamo a casa!”.
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