ELEZIONI FEDERALI 2019
Congiunzione PLR-PPD, Giorgio Grandini non ci sta: "Come il diavolo e l'acqua santa"
L'ex presidente del PLR di Lugano: "I tempi cambiano, ma la botte del PLR non sembra ahimè ormai più in grado di dare il vino migliore! "
TiPress/Benedetto Galli
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LUGANO - La congiunzione delle liste PLR e PPD, in vista delle elezioni federali non piace all’ex presidente del PLR di Lugano Giorgio Grandini.

 

“Forse – scrive in un’opinione pubblicata dal Corriere del Ticino - sarebbe stato più opportuno e logico proporre detta riflessione prima che il Comitato cantonale del PLR adottasse una decisione in sé antistorica (se non addirittura, filosoficamente, contro natura), riuscendo – incredibile, ma vero – persino a far involontariamente apparire il misurato presidente del PPD ticinese (Fiorenzo Dadò, ndr) come un moderno cardinal Richelieu”.

 

Secondo Grandini, “la nuova impostazione politica – che allontana viepiù il PLR dal suo glorioso passato, per ridurlo ad una semplice caricatura di un movimento liberale sul tipo di Forza Italia (nell’ottica cioè di un buon coperchio valido per tutte le pignatte) – spiega e sostanzia finalmente l’assordante silenzio del Partito liberale radicale, che ha contraddistinto tutto il lungo periodo della raccolta di firme a favore dell’iniziativa popolare ‘Ticino laico’, dello scorso autunno”.

 

Ma sarebbe comunque superficiale e limitativo, prosegue, “gettare la croce unicamente sull’attuale dirigenza del PLR: tale metamorfosi, che si consuma lentamente, è in effetti la conseguenza dell’ormai sterile dibattito interno, dovuto al mirato congelamento/neutralizzazione dell’anima liberale e di quella radicale, che alimentarono in passato il vivace confronto politico e la profilata crescita ideologica e di consapevolezza del partito”.

 

Grandini precisa di aver “sempre sostenuto con convinzione la necessità di trovare dei tavoli di discussione con il PPD su oggetti determinati e condivisi”.

 

Ma, aggiunge, “non ho mai concepito tale collaborazione a senso unico, semmai a geometria variabile, a dipendenza degli argomenti in discussione, privilegiando l’intesa a volte con il PPD, a volte con l’UDC o la LEGA e soprattutto con il PST (con il quale fu gestita con merito la storica alleanza di sinistra, di forte matrice laica, foriera della più proficua stagione politica del nostro cantone).

 

I tempi cambiano, ma la botte del PLR non sembra ahimè ormai più in grado di dare il vino migliore! Prepariamoci quindi ad assaporare il gusto acre del «compromesso storico» con le forze politiche cattoliche (in fase di costante perdita di consensi): il seggio al Consiglio agli Stati sembra valer bene una messa: speriamo solo di non dover poi subire – a scrutini ormai chiusi – la biblica punizione per aver maldestramente osato coniugare il diavolo con l’acqua santa”.

 

 

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