CRONACA
Dopo la 'confessione' di Vialli... Il cancro e l'importanza di parlarne. L'oncologo Augusto Pedrazzini: "Il momento giusto è dopo la diagnosi"
Parla il medico attivo alla Santa Chiara di Locarno e alla Clinica Luganese Moncucco: "Il senso di vergogna? Sbagliato averlo. Ci si può imputare tante colpe, ma non c'è sempre una causa diretta per queste malattie"
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Vialli shock. L'ex centravanti della Juve svela la sua battaglia contro il cancro: "Oggi sto bene ma non so come finirà"

26 NOVEMBRE 2018
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26 NOVEMBRE 2018

LOCARNO – “La vita è fatta per il 10% di quel che ci succede, e per il 90% di come lo affrontiamo”. Così l’ex calciatore Gianluca Vialli ha parlato per la prima volta della sua battaglia contro il cancro in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera.

L’ex attaccante della Juventus ha raccontato il periodo più buio della sua vita in un libro intitolato “Goals. 98 storie +1 per affrontare le sfide più difficili”. E l’ultimo capitolo è tutto suo e della sua personale lotta a una malattia “di cui avrei fatto a meno”, “sconfitta” con spirito battagliero e anche grazie a “alcune citazioni e mantra” che lo hanno aiutato a togliersi quel “senso di vergogna, come se quello che mi è successo fosse colpa mia”.

Ed è proprio quel senso di vergogna e colpevolezza uno dei tanti macigni che le persone malate di cancro si trascinano durante le cure. “È vero – dice a Liberatv l’oncologo Augusto Pedrazzini, attivo alla Santa Chiara di Locarno e alla Clinica Luganese Moncucco –, tante persone provano questa sensazione. Sta a noi medici capire se è così e cercare di spiegare che è sbagliato provare vergogna, perché nessuno è colpevole se viene colpito da queste malattie. Ci si può rimproverare su come si è vissuto o su certi comportamenti errati e poco salutari, ma alla fine non c’è sempre una causa diretta per queste malattie”.

Un aspetto da non trascurare per le persone affette da cancro è la gestione della comunicazione con familiari, amici e conoscenti. “È fondamentale – spiega Pedrazzini –. Il miglior momento per parlarne è subito dopo la diagnosi, perché se si aspetta troppo diventa sempre più difficile. In primavera, in occasione del 30esimo anniversario dell’Associazione Triangolo, abbiamo fatto un’esperienza molto importante in questo senso. La Human Library è stata una giornata in cui pazienti e rispettivi familiari hanno raccontato il proprio percorso al pubblico presente. Ecco, la carica emotiva e la condivisione del percorso della malattia è stata una cosa molto positiva, perché ha permesso a chi non era ancora riuscito a parlarne di capire l’importanza della comunicazione e di quanto sia sbagliato tenersi dentro un peso così grande senza poterne parlare con altre persone”.

“La comunicazione – continua l’oncologo – aiuta a vivere meglio. In un percorso già di per sé complicato, la sofferenza condivisa è meno pesante. Mi è capitato più volte che un paziente mi abbia detto “non dire nulla a mia moglie perché non lo sopporterebbe”, e il giorno dopo è venuta la moglie a dirmi “non dica la verità a mio marito perché non la sopporterebbe". Ecco, in questi casi il compito di noi medici è anche quello di facilitare la comunicazione all’interno del nucleo familiare”.

Secondo Pedrazzini non “esiste un modo giusto o sbagliato per parlarne”. L’importante è che lo si faccia, poi una volta che si è cominciato diventa tutto più semplice. Lo abbiamo visto con la Human Library: una volta messa in moto questa catena, chi aveva inizialmente difficoltà a parlarne, in seguito lo faceva liberamente”.

E ancora: “Gianluca Vialli dice che la vita è fatta per il 10% di quel che ci succede, e per il 90% di come lo affrontiamo. La sua è una visione abbastanza ottimistica, ma è anche vero che l’atteggiamento con cui si affrontano queste situazioni può fare la differenza”.

Le testimonianze di personaggi pubblici, aggiunge il medico, possono “sbloccare e motivare un paziente “non famoso” a trovare la forza per parlare della sua malattia. E ricordiamoci sempre che senza il coraggio è più complicato affrontare un percorso duro e impegnativo, fatto di chemioterapie, cure e momenti di debolezza”.

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