Quando c’è un aeroporto, la prima cosa che un passeggero si aspetta, è quella di poter partire ed arrivare. E se non parte o non arriva, deve pensare alla sfiga, non alla normalità
di Andrea Leoni
Sciao, almeno questo volta due paroline gliele hanno cantate. In pubblico. I vertici dell’aeroporto di Lugano si sono scagliati mercoledì contro la Swiss per la cancellazione di ben 18 voli tra sabato e lunedì. La compagnia si è giustificata parlando di “problemi tecnici e di equipaggio”. Una scusa che, evidentemente, non ha convinto la direzione dello scalo luganese: “Deploriamo i disservizi verificatisi in maniera massiccia negli ultimi giorni e ribadiamo che la situazione è imputabile unicamente a Swiss”
“Le cancellazioni degli ultimi giorni sono la goccia che fa traboccare il vaso – ha aggiunto ancora il direttore Maurizio Merlo –, perché se le soppressioni a causa di cattive condizioni meteo sono accettabili, non è possibile che vi siano sempre problemi tecnici o di equipaggio. Ora chiediamo direttamente all’UFAC di far rspettare il regolamento a difesa del passeggero perché le lamentele indirizzate a Swiss non hanno purtroppo finora portato a dei risultati”.
"Un volo cancellato – ha concluso Maurizio Merlo – comporta per lo scalo danno di immagine”.
Posso confermare. Nel weekend, sabato per la precisione, tra i passeggeri che non hanno potuto decollare da Agno c’erano anche Carles Puigdemont e il suo staff, che erano ospiti in Città per l’Endorfine Festival. Per il Comitato organizzativo, del quale faccio parte, è stato abbastanza imbarazzante spiegare che dovevano annullare l’ultimo pezzetto del loro fitto programma luganese, per montare in fretta e furia su un’automobile destinazione aeroporto di Zurigo. Naturalmente senza garanzie di poter fare in tempo a prendere le coincidenze (poi, proprio a pelo, ce l’hanno fatta, giusto per la cronaca).
Gli ospiti, pur avendo apprezzato molto sia l’ospitalità che la bellezza di una Lugano baciata dal sole, erano sbalorditi dal disservizio. Noi, invece, eravamo neri. Soprattutto con la Swiss, che oltre a cancellare i voli, ha fatto di tutto per risultare antipatica e menefreghista rispetto al disagio procurato.
Della serie: non ce ne frega nulla di voi ticinesi che dovete decollare da Agno. Questa, più o meno, è la sensazione che abbiamo avuto. Una sensazione che si somma ad un’altra, quasi indicibile. Ovvero che questi disagi siano la conferma che la compagnia si appresta a levare le tende.
Del resto il CEO Thomas Klühr, nelle scorse settimane, aveva già lasciato aleggiare questa ipotesi, collegandola alla prossima apertura della galleria ferroviaria del Ceneri. Non osiamo parlare di sabotaggio, ma le coincidenze puzzano.
Questo piccolo ma concreto episodio, fa riflettere sulla crisi dello scalo luganese. Perché ne evidenzia il primo e fondamentale problema: il servizio. Quando c’è un aeroporto, la prima cosa che un passeggero si aspetta, è quella di poter partire ed arrivare. E se non parte o non arriva, deve pensare alla sfiga, non alla normalità.
Quando si usufruisce dell’aeroporto di Lugano si ha invece un po’ la sensazione di giocare alla roulette. Riuscirò a partire? Riuscirò ad arrivare? E questo è deleterio.
La garanzia del servizio è dunque il primo punto da soddisfare, se l’aeroporto desidera avere un futuro. Il secondo è più sistemico e riguarda le infrastrutture cittadine, che devono essere ammodernate per richiamare quel turismo in grado di far girare lo scalo, in primis quello congressuale. Con un Conza così mal ridotto, senza neppure l’aria condizionata, diventa difficile...
Mi auguro che l’aeroporto di Lugano possa sopravvivere. Per i posti di lavoro e perché chiudere un’infrastruttura nell’ambito della mobilità, è deprimente per qualsiasi territorio. È come un infarto, ne muore un pezzetto. Il fatto che lo scalo necessiti di denaro pubblico per sopravvivere, non è scandaloso. Con le imposte teniamo in vita di tutto, anche iniziative più care: dai bus (compresi quelli vuoti) agli impianti di risalita, dal LAC alle isole di Brissago, passando per le Officine.
L’importante è che a questi soldi, anche erogati costantemente, corrisponda un servizio efficiente e in grado di svilupparsi. L’anno prossimo ad Endorfine torneranno ospiti dall’estero e ci auguriamo di non vivere come una puntata al casinò il fatto di farli atterrare a Lugano (che è più comodo sia per noi che per loro).
Bene dunque ha fatto LASA ad alzare la voce con Swiss che, pur essendo di proprietà straniera, finché sfoggia la bandiera svizzera dovrebbe avere la coscienza politica di collegare le varie regioni del Paese.