CRONACA
Il Coronavirus e la linea temporale: "Ci troviamo tutti in stadi diversi della stessa evoluzione dell'epidemia"
Straordinario pezzo di Paolo Giordano che mette in guardia i Paesi europei: "Finora il tempo è stato gestito male. Le misure di contenimento reattive sono molto meno efficaci di quelle preventive"

MILANO - Il 25 febbraio, con un bellissimo articolo intitolato “Coronavirus, la matematica del contagio”, aveva appoggiato le prime misure drastiche adottate dal Governo italiano per frenare la diffusione della malattia: “Chi insiste a dire che il contenimento eccezionale messo in atto è “esagerato” non ha capito la matematica. Oppure l’ha travisata”.

Oggi Paolo Giordano, fisico e scrittore, torna a dire la sua sull’argomento dalle colonne del Corriere della Sera. Il nuovo pezzo si intitola “La linea temporale che è stata trascurata”, ed è un monito non solo per le regioni d’Italia che ancora non  sono state particolarmente toccare dal Coronavirus, ma per tutti gli altri Paesi europei.

“Esiste - scrive Giordano - una linea temporale di questa epidemia. Ha origine in un momento imprecisato e in un luogo imprecisato, forse un mercato di Wuhan, e prosegue con la diffusione del virus in Cina e poi nel mondo, fino a qui.  Il contagio, una volta iniziato in un’area, procede in maniera simile a quanto è avvenuto o avverrà altrove.Non c’è ragione evidente per cui non dovrebbe essere così: apparteniamo alla stessa specie e le nostre dinamiche sociali sono identiche, o almeno affini, ovunque. Eppure a gennaio, guardando con sospetto la Cina, avevamo la percezione che nulla del genere potesse accadere in Europa. Non su quella scala, non così, non da noi. Perché no? Per un pregiudizio infondato, il pregiudizio dell’altrove”. 

“Ma - prosegue l’autore de “La solitudine dei numeri primi” - lo siamo, proprio come la Francia è sulla stessa linea temporale dell’Italia, e il Lazio è sulla stessa linea temporale della Lombardia. Se la situazione appare disomogenea fra questi luoghi, è solo perché ci troviamo in punti diversi della linea, qualcuno più avanti perché è partito prima, qualcuno un po’ più indietro. Ma il principio su cui dovrebbero basarsi tutte le nostre considerazioni è che l’evoluzione dell’epidemia, nelle sue linee generali, è la stessa dappertutto. Guardare con lucidità a chi ci precede è quindi lo strumento più efficace in nostro potere per attenuare l’urto della CoViD-19, e non farci trovare scomposti al suo arrivo più massiccio. Roma, adesso, dovrebbe guardare a Milano, proprio come l’Italia e il resto del mondo avrebbero dovuto guardare più seriamente alla Cina due mesi fa. (…) Vorrei dirlo con la massima chiarezza: l’Italia non è divisa fra una parte rossa, in crisi, e un’altra che tutto sommato se la sta cavando. Come non lo sono l’Europa e il resto del mondo. Questa percezione è apparente e temporanea. Ci troviamo tutti in stadi diversi della stessa evoluzione”.

“Quindi - osserva ancora il fisico - non è «se» arriva, né «dove». È «quando» e «come». Questo pensiero genera panico? Tutt’altro. È un pensiero che genera prevenzione, la sola cosa di cui dovremmo preoccuparci da giorni, ognuno per sé e insieme come comunità. (…) Riguardo alle discrepanze temporali, poi, è bene avvisare tutti che anche i numeri che ci vengono forniti ogni giorno vivono su punti diversi della linea temporale: un tampone positivo è uno stadio della malattia diverso rispetto a un ricovero, a una guarigione o a un decesso. Le morti di oggi, cioè, si riferiscono a ipotetici tamponi positivi di molti giorni fa. Quindi attenzione nel trarre conclusioni aritmetiche troppo semplici dividendo un numero per l’altro”.

“Un po’ di autocritica - termina Paolo Giordano - possiamo già farla: finora il tempo è stato gestito male. Siamo sempre stati in ritardo, fin da quando abbiamo saputo del primo focolaio nell’Hubei. Nulla è precipitato inaspettatamente da allora e, se ci sembra così, si tratta solo di un’altra falsa percezione: siamo stati dentro l’evolversi consequenziale e prevedibile dell’epidemia. The Lancet ha definito le azioni dei governi «lente e insufficienti», ma la notte di sabato è emblematica di questa gestione incauta del tempo: le nuove misure filtrate e commentate ore prima di essere messe in atto, un intervallo lasciato alle congetture e all’iniziativa personale che ha rischiato di vanificare buona parte delle misure stesse. È accaduto anche con la chiusura delle scuole, imponendola a scaglioni, poi per quindici giorni quando era già chiaro che sarebbe servito di più, poi procrastinandola ancora. (…) Adesso, però, i ritardatari peggiori rischiamo di essere noi cittadini. Le misure imposte nelle zone rosse dovrebbero essere seguite anche fuori, da tutti, alla lettera e a partire da adesso, anzi da ieri. L’evoluzione, altrimenti, sarà la medesima. Nel diffondersi di un contagio, le misure di contenimento reattive sono molto meno efficaci di quelle preventive”.

 

 

 

 

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