Anna-Maria Sani, membro onorario del Gruppo Azzardo Ticino-Prevenzione: "Chi ha sviluppato un problema, anche da astinente, sarà sempre a rischio di ricaduta"
BELLINZONA – Il termine “ludopatia” ha accompagnato gli ultimi giorni di cronaca, sportiva e non solo. Le vicende legate ad alcuni giocatori italiani sfociano, però, in considerazioni e risvolti di un problema notevolmente diffuso e che riguarda sempre più giovani. Ne abbiamo parlato con Anna-Maria Sani, membro onorario del Gruppo Azzardo Ticino – Prevenzione.
Con Anna-Maria partiamo dall’origine. E cioè dal nome: "Chiamarla ludopatia – ci dice – è scorretto. I giochi di strategie non rientrano nei giochi di alea, e se rientrano, è solo in parte. Chiamiamola, piuttosto, azzardopatia. I giochi d’azzardo non sono giochi innocui, possono creare una malattia, cronica e recidivante. È bene che la gente sia a conoscenza che tutti i giochi d’azzardo sono stati creati per far perdere il giocatore sul lungo periodo, è matematico”.
Quella che sta emergendo negli ultimi giorni “è solo la punta dell’iceberg di una tendenza in aumento". La responsabilità, sia chiaro, non si può attribuirla solo ai giocatori, ma è da condividere con un sistema che crea e sviluppa “giochi” sempre è più pericolosi e accessibili”.
Sì, perché basta un cellulare (anche in mano ai minorenni) per poter aggirare le regole. “Le leggi – continua – esistono, ma basta un minimo di scaltrezza a livello tecnologico per poter aggirare i divieti. La politica può certamente fare di più. D’altronde, basti pensare che una persona esclusa o espulsa da un casinò, può recarsi tranquillamente nei chioschi a giocare d’azzardo, alle schedine o ai gratta e vinci, che sono tutti giochi d’azzardo con un alto potenziale di pericolosità".
I dati su giovani con problemi legati al gioco d’azzardo sono in crescita. E anche il Ticino e la Svizzera non sono risparmiati dal problema. “Stiamo aspettando i dati aggiornati a livello cantonale, ma ci aspettiamo un aumento. Nella mia pratica clinica, le persone che vedo hanno conseguenze sempre più complesse. Oggi si può giocare d’azzardo 24 ore al giorno, in ogni luogo, e su più portali. Ma c’è anche una banalizzazione del problema, "quando i giovani che seguo mi confidano di aver iniziato a scommettere da minori, magari con il proprio allenatore di calcio: un comportamento socialmente accettato e, anzi, prescritto, una specie di rito collettivo”.
C’è però una considerazione da fare, se si parla di dati. “Bisogna calcolare che per ogni persona con problemi legati al gioco d’azzardo, ne sono coinvolte altre sette tra amici, datori di lavoro, conoscenti e familiari. Quando il “gioco” sfocia in malattia? “Quando gioca più denaro e per più tempo di quello che aveva intenzione di fare, quando ha perso il controllo sul proprio comportamento e continua nonostante le conseguenze negative. Una persona dipendente sa capire che il suo comportamento crea dei danni. Il problema è che ne è schiavo, non è più libero di decidere, e quindi non riesce a fermarsi. Chi soffre di questo problema non dovrebbe poter accedere al denaro perché l’impulso a giocare è troppo forte. Sarebbe meglio che qualcuno gli gestisca il salario, dandogli poco denaro al giorno".
Come si aiutano le persone che soffrono di disturbo da gioco d'azzardo? “In primo luogo – conclude Anna-Maria Sani – li accogliamo senza giudizio morale e spieghiamo che non sono i soli ad avere avuto questa perdita di controllo. Parliamo di persone distrutte dai sensi di colpa e confrontate con diverse difficoltà, finanziarie, lavorative, famigliari ma anche giuridiche. In seguito, si spiegano i meccanismi che regolano i giochi d’azzardo, i pensieri magici, i trucchi che i gestori del gioco d’azzardo utilizzano per farti stare incollato allo schermo. Ed infine, si ricorda che chi ha sviluppato un problema, anche da astinente, sarà sempre a rischio di ricaduta".