IL FEDERALISTA
Antisemitismo, le nuove radici del mostro
Cerchiamo di rilevare la portata del fenomeno e di scoprire come sia possibile la sua rinascita in un'Europa che dopo l'Olocausto aveva giurato "Mai più!"

di Claudio Mésoniat - contributo de ilfederalista.ch

"Non c'è posto per l'antisemitismo in Svizzera": se Ignazio Cassis ha voluto scriverlo di persona sui giornali è segno che il Governo svizzero intercetta segnali gravi nel nostro Paese (anche se in Ticino ne siamo risparmiati). Cerchiamo di rilevare la portata del fenomeno e di scoprire come sia possibile la sua rinascita in un'Europa che dopo l'Olocausto aveva giurato "Mai più!". Eppure anche oggi, e persino di fronte alle immagini delle stragi di Hamas, il mostro antisemita torna a mostrare il suo ghigno.  
 
Non accade spesso che uno dei sette membri del Governo svizzero si prenda la briga di chiedere spazio a un paio di quotidiani per manifestare un’inquietudine e lanciare l’allarme circa il diffondersi di un fenomeno sociale e politico per il quale, a suo dire, “non c’è posto” nel nostro Paese. È quanto ha fatto ieri il consigliere federale Ignazio Cassis per denunciare il diffondersi dell’antisemitismo in Svizzera, in un articolo apparso su Le Temps e sul Corriere del Ticino.

"Molti dei nostri concittadini ebrei hanno paura a uscire di casa, indossare una kippah o mettere al collo la stella di Davide. Essi vengono insultati o umiliati da sputi. Sulle mura si leggono graffiti antisemiti. Tutto ciò è intollerabile”.

E con piglio deciso Il ministro degli Esteri elvetico ha aggiunto che, al di là della consueta riprovazione per l’odioso fenomeno, "sarà necessario fare ancora di più e rimanere vigili. Coloro che attaccano fisicamente o verbalmente le persone di origine ebraica oppure diffondono l’antisemitismo in rete devono essere assicurati alla giustizia”.

L’intervento di Cassis ha preso spunto dalla ricorrenza dell’85esimo anniversario della “Notte dei cristalli”, tracciando un implicito parallelismo tra un momento nero della storia europea, e cioè l’evento che segna l’inizio della fase più violenta della persecuzione antisemita nella Germania del 1938, e il presente di questo autunno 2023. 
Ignazio Cassis.

Gli episodi antisemiti registrati sul territorio del nostro Paese sono stati, secondo le statistiche raccolte da SRF a inizio mese, una quarantina dal 7 ottobre nella Svizzera tedesca e altrettanti nella Svizzera francofona. Da parte sua, la Federazione delle comunità israelite svizzere, parla di almeno 50 incidenti dal 7 ottobre (quando per l’intero 2022 ne erano stati registrati 57). Va sottolineato che fortunatamente nel nostro Cantone -secondo le informazioni che abbiamo potuto raccogliere- non vi è stata traccia di simili manifestazioni.

Per la presidente della Commissione federale contro il razzismo Martine Brunschwig Graf, se è vero che, come “mostrano i sondaggi che vengono effettuati dall'Ufficio Federale di Statistica ogni 2 anni, una traccia di antisemitismo resta sempre presente nella popolazione, in maniera costante”, in realtà un incremento degli atti di intolleranza “era già stato rilevato negli anni scorsi da osservatori come la GRA (Stiftung gegen Rassismus und Antisemitismus) in Svizzera tedesca o la CICAD (Coordination intercommunautaire contre l'antisémitisme et la diffamation) nella Svizzera francese”.

E questo, come denunciato anche dalla Commissione federale contro il razzismo, durante gli anni di emergenza covid, quando una serie di “teorie complottiste metteva nel mirino specificatamente la comunità ebraica, sulla falsariga di ciò che succede da decenni e da secoli: quando accadono fatti all’apparenza inspiegabili, le comunità ebraiche diventano facilmente capri espiatori”.

Un’ultima osservazione di Brunschwig Graf, la quale rileva come “in concomitanza di conflitti in Medioriente, quasi sempre si verificano fiammate di intolleranza anti-giudaica” anche nel nostro Paese, ci consente di mettere a fuoco anzitutto come il fattore scatenante delle varie forme di antigiudaismo che constatiamo oggi ovunque in Europa sia la guerra avviata da Hamas con la criminosa operazione “Diluvio di al Aqsa”.

A questo proposito va costantemente richiamato come l’intento della formazione che si ispira alla Fratellanza musulmana non sia quello di affermare il legittimo diritto palestinese a un proprio Stato nella Terra Santa ma quello di eliminare lo Stato di Israele dalla carta geografica. Per la precisione, di eliminare dalla faccia della terra la presenza giudaica –come sta scritto negli statuti di Hamas-, “fin che l’ultimo ebreo non sarà ucciso per mano di un musulmano” (ciò che segnerà la fine dei tempi). Premesse che, com’è noto, spinsero i leader dei Fratelli musulmani, sul finire degli anni 1930, a una stretta collaborazione con le truppe naziste di Hitler.

Tutto ciò –sia detto per inciso- non cancella le responsabilità dei Governi israeliani (non tutti) nell’aver impedito per 75 anni la reale formazione di uno Stato palestinese, come convenuto formalmente al momento della creazione dello Stato di Israele e ribadito in occasione degli Accordi di Oslo.

Le manifestazioni dell’antisemitismo (qualcuno preferisce il termine “giudeofobia”), anche nel nostro Paese, sono dunque sovente legate alle periodiche risorgenze del conflitto tra lo Stato ebraico e le differenti formazioni palestinesi. Episodi che attivano a volte anche cellule o singoli islamisti in Europa e negli Stati Uniti. 
 
Ma al di là dell’antisemitismo di marca islamista e di quello scaturito dai cospirazionismi fiorenti nel sottosuolo delle reti sociali, la stampa svizzera ha pure attirato l’attenzione in questi giorni sull’affluenza di differenti correnti politiche nelle manifestazioni di giudeofobia. E non si tratta soltanto dei ben noti e rumorosi simpatizzanti di gruppi di estrema destra apertamente filonazisti. Espressioni nostalgiche, quantunque sempre inquietanti, di un passato senza realistiche prospettive di rinascita.

Si tratta invece di personalità e gruppi di sinistra, soprattutto attivi nelle compagini più radicali, come indicano esplicitamente le comunità israelite svizzere nei loro rapporti (si veda qui). Il Courrier di Ginevra ha riportato in questi giorni la polemica scoppiata tra un gruppo della sinistra radicale ginevrina (che è parso scusare nelle sue prese di posizione le azioni di Hamas) e il CICAD (qui sopra citato).

Altri approfondimenti apparsi sulla stampa confederata nei giorni scorsi hanno cercato di ricostruire la nascita di questa tendenza nelle sinistre europee (come quello di Philipp Loser che sul Bund si è chiesto “Warum gibt es linken Antisemitismus?”; o, ancora, la riflessione della storica dell’Università di Friburgo Christina Späti intervistata dalla NZZ – si veda qui).

I movimenti anti-imperialisti degli anni ’60 come pure le reazioni alla guerra “preventiva” israeliana del 1967 (la “Guerra dei sei giorni”) sono indicati come fattori scatenanti la nascita di tendenze antisemite. Un contributo interessante lo aveva offerto il sito Swissinfo (in tempi non sospetti, nel luglio del 2022), raccogliendo alcune testimonianze di membri israeliti della sinistra svizzera confrontati negli scorsi decenni con lo spiacevole insorgere di sentimenti anti-giudaici nelle loro stesse compagini (il contributo si può leggere qui).

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