POLITICA E POTERE
Ticino, malessere sociale alle stelle. Pamini: "Ecco perché il Welfare Index peggiora"
“Crescita economica farlocca, mercato del lavoro saccheggiato, dipartimentalismo, spesa pubblica fuori controllo… Urge una riforma sociale: meno assistenza e più inclusione”
TiPress/Elia Bianchi
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BELLINZONA – Di male in peggio. Si potrebbe intitolare così la fotografia scattata dal Welfare Index per il 2021. Le cifre pubblicate ieri indicano un valore complessivo di 123,09 punti rispetto ai 100 dell’anno di riferimento 2011. Il che indicherebbe, sull’arco dell’ultimo decennio, un peggioramento del malessere sociale generale del 23%. Il Welfare Index è stato elaborato dal deputato UDC Paolo Pamini, presidente di AreaLiberale, con il collega Sergio Morisoli e si compone di 90 indicatori. Nelle sei macrocategorie tematiche si trovano variabili come il tasso di abbandono della formazione scolastica, il numero di divorzi, quello della vendita di armi, la percentuale di lavoratori precari, quella degli appartamenti sfitti, con dati estrapolati dalle statistiche ufficiali.

“Il Welfare Index – si legge nella nota diramata ieri da Pamini - è concepito per una veloce comprensione. Dato l’anno 2011 come anno “zero”, il totale dei punti per i 90 indicatori che lo compongono è di 15’000, pari a un indice uguale a 100. Quando l’indice supera la soglia di 100 punti significa che la situazione sociale (welfare) peggiora, quando l’indice scende sotto la soglia del 100 significa che migliora. Dal 2011 raccogliamo dati statistici ufficiali per cercare di capire la situazione sociale in Ticino. Vogliamo mettere in luce le dinamiche che caratterizzano il vivere di quelle persone che sono bisognose, marginali ed escluse dal ciclo produttivo in senso stretto; e che però sono dipendenti dall’intervento dello Stato; ma anche di quel ceto medio che fa fatica e vive nell’incertezza.

GLI EFFETTI DEL LOCKDOWN

Oggi sappiamo, grazie al confronto dei dati del 2021 con il 2020, che il Lockdown con i suoi proibizionismi, le sue chiusure, il suo dirigismo era riuscito a manipolare la realtà temporaneamente e artificialmente. Tanto da far credere o sperare ad alcuni, che la privazione delle libertà e il dirigismo statale fossero una cosa utile e buona. Appena i lacci si sono sciolti, la realtà, confermata con i dati del Welfare index 2021, è rientrata massicciamente in scena, buttando giù la porta anziché bussare.

La crescita del malessere dal lockdown a oggi, ha fatto un balzo di ben 8.01 punti, toccando nel 2021 la punta record di 123.09 punti.

GLI INDICATORI DEL MALESSERE

Sgomberiamo il campo dalle speculazioni. Il dato complessivo per il 2021 è nient’altro che la logica continuità di una tendenza iniziata prima della Pandemia: il vecchio schema economico, quello che la crescita del PIL unita alla crescita della Spesa statale crea benessere e prosperità per tutti, è saltato. Da una parte, il malessere cresce a causa di una crescita economica “farlocca”, e di un mercato del lavoro ticinese “saccheggiato”. Dall’altra, a causa di una spesa statale che cresce sempre più della ricchezza prodotta, ma che è inefficace e inefficiente per diminuire il malessere sociale. Il Covid 19 non c’entra. Oggi sappiamo che, prima ha rallentato ma poi ha solo accelerato gli effetti negativi già in corso.

A tale riguardo dopo 11 misurazioni consecutive dal 2011 al 2021 è difficile confutare, senza una buona dose di malafede, alcune tendenze ormai consolidate ed irreversibili. I sotto indicatori che raggruppano i criteri per alcune categorie monitorate ad hoc, non lasciano spazio a sofismi o a illusioni.

L’indicatore della delinquenza è esploso verso l’alto passando da 123.13 del 2020 a 131.77, a significare che le “reclusioni forzate” per tutti i cittadini hanno solo illuso che tale malessere fosse diminuito. Il malessere per il lavoro si stabilisce a 111.33 punti nel 2021, un aumento di ben 8.70 punti tornando al livello già raggiunto prima della pandemia.

Con 119.08 punti il malessere giovanile viene confermato in costante crescita esponenziale negli ultimi 3 anni. L’indicatore che raggruppa i criteri del malessere famigliare continua la sua crescita regolare senza interruzione (nemmeno il Covid l’aveva interrotto) e vola a 120.92 punti. Il sotto indicatore dei criteri comportamentali mette in luce un chiaro peggioramento passando da 110.7 del 2020 a 121.8 punti nel 2021, è la crescita più elevata registrata con 11.1 punti di differenza. È invece confermata la tendenza poco marcata del sotto indicatore dei criteri del bisogno finanziario. Questo indice si muove costantemente e oscillando attorno al valore 100, con 99.8 punti nel 2021; significa che la casistica dei bisognosi di aiuto diretto finanziario in senso stretto resta costante sul decennio. Si potrebbe osare a dedurre: che il sistema svizzero e ticinese di sostegno finanziario è performante, e che il malessere sociale in crescita è poco influenzato da bisogni finanziari ma piuttosto da altri problemi extra monetari. Si tratta di ipotesi tutte da approfondire.

LA CRESCITA ECONOMICA NON BASTA. URGE UNA RIFORMA

In conclusione, è definitivamente chiaro che la riforma della socialità vada ormai affrontata senza ulteriori indugi. La crescita economica da sola non sarà più in grado di assorbire da sola il malessere generalizzato, la spesa pubblica ha già dimostrato da oltre un decennio la sua impotenza nel ridurlo; mentre i contribuenti non saranno in grado di sopportare ulteriormente aumenti di spesa sociale.

La crescita del malessere da noi misurata richiede un approccio pluridisciplinare, opposto al vigente dipartimentalismo, e una logica innovativa per le soluzioni. Le risorse immesse nel sistema del welfare, preso in senso lato, rappresentano ormai oltre la metà del budget annuale dello Stato; una verifica si impone. Quella di mettere in discussione il rapporto tra input e output, o in altre parole quella di misurare l’efficacia (le soluzioni raggiungono l’obiettivo?) con l’efficienza (il modo di raggiungerle?). Ma non basta. L’approccio deve essere più largo. Per non ritrovarci come la “rust belt” americana, c’è solo un modo: puntare su una scommessa forte. Cioè creare l’intesa civile oltre la politica partitica che si occupa dello Stato, e sostenere un “Patto paese” della società civile per la crescita. Lo scopo è favorire e premiare la produzione di maggiore reddito da lavoro (salari) e da impresa (utili); nuova occupazione (posti di lavoro qualificati per residenti) e aumentare la produttività (rapporto in put e out put economico). La riforma sociale va incentrata sul motto: meno assistenza (sussidi) e più inclusione (lavoro)”.

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