II giorno dopo il giuramento del nuovo governo italiano il Mattino ha sentito diversi politici per capire che cosa potrebbe esserne dei rapporti con la vicina Penisola, in particolar modo dell'accordo fiscale
BELLINZONA - L'Italia ha un nuovo Governo, ieri ha giurato la squadra scelta dalla nuova premier Giorgia Meloni. Che cosa cambierà, se cambierà qualcosa, per la Svizzera? Sul tavolo c'è l'accordo fiscale sui frontalieri, tematiche relative al mondo del lavoro (vedesi le richieste di Fontana dell'altro giorno) oltre al dossier energia, quello della rinegoziazione della convenzione generale contro le doppie imposizioni, all'accesso al mercato finanziario, allo stralcio dalle black list. Il Mattino ha sentito alcuni politici, la cui conclusione è stata che cambierà poco o nulla.
Il Consiglio Federale si era dimostrato cauto, non negando la possibilità che con il nuovo corso italiano potrebbero esserci problemi per l'accordo fiscale dei frontalieri: lo ha detto Fabio Regazzi, Consigliere Nazionale de Il Centro. "A questo punto non ci resta che attendere per vedere cosa succederà anche se rimane il rammarico di aver, a mio avviso frettolosamente, approvato questo accordo mentre dall’altra parte della frontiera si continua a cincischiare. Sarebbe ora che la Svizzera capisca che quando si negozia con l’Italia bisogna cambiare registro".
Ma per la maggior parte degli interpellati non ci saranno scossoni. A partire da Samuele Vorpe Responsabile Centro competenze tributarie della SUPSI: "Al momento della firma da parte dei due governi, avvenuta alla fine del 2020, si era convenuto di far entrare in vigore l’accordo a decorrere dal 2023. Dal lato svizzero si è proceduto diligentemente con l’approvazione del testo, mentre da quello italiano è ancora tutto in stand-by a causa del cambio di parlamento. Difficile, anche se non impossibile, che l’accordo veda quindi la luce nel 2023 e per la Svizzera ciò non è necessariamente un male. Non credo inoltre che il nuovo governo rimetterà in discussione l’accordo sui frontalieri". Per il resto, si attende instabilità nei rapporti.
"Risulta difficile fare una previsione a questo stadio. Innanzitutto va detto che l’accordo siglato nel dicembre del 2020 godeva di un sostegno bi-partisan in quanto sostenuto sia dalla Lega che dal PD, che ne era relatore", sostiene Norman Gobbi. Che su futuri rapporti pensa che non conterà tanto l'orientamento politico del Governo bensì "la sensibilità e la conoscenza che i singoli politici hanno della Svizzera, del Ticino e dell’area di confine e delle sue numerose problematiche".
Poco ottimista su eventuali cambiamenti in positivo per la Svizzera anche il Consigliere Nazionale Alex Farinelli. "I dossier che ci riguardano non sono sicuramente in cima alla lista delle priorità di un Paese confrontato con problemi comprensibilmente più importanti. D'altro canto non penso nemmeno che la conclusione dei processi in corso, come il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri, verranno osteggiati, il problema è che essendo attualmente in corso la ricostituzione degli organi chiamati a decidere i tempi non potranno che allungarsi".