POLITICA E POTERE
"Il politico, il magistrato, l'amico, l'uomo: ecco chi era per me Dick Marty"
Jacques Ducry sfoglia il libro dei ricordi e tratteggia un ritratto straordinario dell'ex senatore scomparso oggi all'età di 78 anni: "L'immagine pubblica rischia di restituire un’impressione parziale della sua personalità assai complessa"

di Andrea Leoni

LUGANO - “Quando ero piccolo, visto che i nostri padri lavoravano insieme, in famiglia mi parlavano sempre di un certo Dick. E pur avendo solo dieci anni più di me, lo citavano come esempio di serietà, di rigore, di applicazione a scuola, al contrario di quel che ero io… Quest’immagine che avevo da bambino l’ho poi verificata da adulto, quando ci siamo conosciuti meglio. Avvenne in particolare nel 1989, al suo ingresso in Consiglio di Stato. In quel momento ero procuratore pubblico nel Sottoceneri (le procure erano ancora due) e il parlamento mi elesse al suo posto nella sede di Bellinzona, mentre a me subentrò Luca Marcellini. I nostri uffici erano molto vicini e ogni tanto ci si vedeva in privato per eventi comuni, non da ultimo, il 13 marzo 1995, per festeggiare a Parigi i 70 anni di Alfredo Giovannini”.

Il primo ricordo esce così, d’istinto e di getto, quando a Jacques Ducry chiedo di Dick Marty, nel giorno della sua scomparsa. Un’amicizia lunga la loro, fatta di alti e bassi, di rotture e ricuciture. Ma un’amicizia vera, ricca di stima e ammirazione, senza piaggeria, come vedremo. Con quella “y” nel cognome di entrambi, quasi un segno del destino, come tiene a sottolineare Ducry: “In comune avevamo anche l’origine francofona e l’amore per la libertà e la giustizia. Caratteristiche non sempre in sintonia con questo nostro Ticino”.

"L'ultimo grande radicale che se ne va"

Il ritratto che Jacques fa dell’amico Dick è intenso, ricco di sfumature, profondamente umano, mai banale. Chi si aspetta una santificazione, ne resterà deluso. Chi cerca uno sguardo autentico su una figura tanto prestigiosa quanto complessa della storia recente del nostro Cantone e della Svizzera, probabilmente proverà qualche palpito di commozione  “Una parte del Ticino - sospira Ducry - oggi perde un punto di riferimento di straordinaria solidità e coerenza. L’altra parte, forse, perde un grande avversario, a volte implacabile per questioni etiche”.

“Dick Marty - prosegue il nostro interlocutore - è forse l’ultimo grande radicale che se ne va. Nel suo percorso pubblico ha sempre dimostrato vero attaccamento ai valori radicali, nella continua ricerca della verità, senza mai pensare che la giustizia fosse di destra o di sinistra. È sempre stato un fedele sostenitore del Movimento europeo svizzero e mi ha onorato della sua presenza quando ho lasciato la carica di presidente il 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione della Russia in Ucraina: si presentò in un albergo di Lugano, alla presenza dell’ambasciatore dell’UE in Svizzera, discretamente scortato. E portò lustro al nostro incontro”.

"Un uomo non facile"

Marty il magistrato, il politico, l’uomo delle istituzioni, costantemente sulla scena pubblica. Poi c’è Dick, la persona. “Un uomo non facile, ma tosto. La sua cultura protestante lo portava a un'autodisciplina quasi monastica. E talvolta nel difendere le sue cause o nell’esporre le sue verità, assumeva un po’ il ruolo e il tono del predicatore. Non era un goliardico, anzi, soffriva ad esserlo. Era un uomo spesso travagliato e ciò si ripercuoteva nella vita di tutti i giorni. Durante i momenti di vita privata rivelava degli aspetti molto umani, molto veri, anche molto fragili, come lo siamo tutti nella vita. L'immagine pubblica rischia di restituire un’impressione parziale della sua personalità assai complessa. Per fortuna era un uomo anche lui”.

Un uomo, prosegue Ducry, a volte frenato da “un’eccessiva testardaggine. La sua intelligenza poteva fargli cambiare opinione o direzione, ma faceva una gran fatica. Alla fine, però, la sua onestà intellettuale prevaleva su tutto”.

"Un amico, tra distacchi e ricuciture" 

Poi c’è l’amico: “Lo posso senz’altro definire tale, con tutte le sfumature che possono esserci in un’amicizia. Il nostro modo di essere e il nostro “comune vissuto”, non ha sempre facilitato la reciproca comprensione. Certi fatti della vita, pubblica e privata, hanno provocato incomprensioni e distacchi che hanno necessitato difficili e sofferte ricuciture. Ma tutto ciò rientra in un rapporto umano tra persone libere”.  

Per Ducry insieme a tanti altri, Dick Marty è stato un punto di riferimento come politico e come magistrato: “Lui ha iniziato le inchieste mascherate quando era procuratore pubblico. Approccio nel quale credevo e credo ancora profondamente e al quale mi sono ispirato e ho dato seguito quando è toccato a me fare il magistrato”.

"Quando volevano espellerlo...."

Un punto di riferimento per tanti ma non per tutti. Anche all’interno del PLR, il partito nel quale Ducry e Marty sono cresciuti: “Come spesso accade le dirigenze dei partiti, chiamano e usano le persone in determinati momenti, per poi scaricarle. Soprattutto quelle che hanno dimostrato coerenza, libertà e indipendenza come Dick Marty. Peccato che non sia stato mai proposto, come avrebbe meritato, per il Consiglio Federale, nonostante in un’occasione abbia ricevuto numerosi voti dall’Assemblea federale, benché non ufficialmente candidato”.

“A proposito del partito - riprende Ducry - mi sovviene un triste aneddoto riguardo ad alcuni appartenenti al PL del luganese (“R” volutamente tacitata dal nostro interlocutore, ndr). Durante un Comitato Cantonale, nel 2019, c’è chi propose l’espulsione di Dick Marty e Laura Sadis, perché si erano permessi di affermare che nel Consiglio di Stato ticinese, eletto con il sistema proporzionale, un rappresentate socialista fosse necessario. Un atto vergognoso”.

L'ultimo ricordo

E siamo all’ultimo ricordo. “L’ho visto alcune settimane fa durante la presentazione del suo libro “Verità irriverenti” al LAC. Abbiamo scambiato solo qualche parola. Era visibilmente provato, ma la sua lucidità era intatta”

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