LUGANO - “Le priorità della Giustizia sono altre”. Il presidente del Centro, Fiorenzo Dadò, lancia una bordata sui suoi social contro il paginone pubblicitario uscito questa mattina sul Corriere del Ticino a sostegno dell’acquisto del Palazzo EFG – futura sede della Cittadella della giustizia – uno dei temi in votazione il 9 giugno. Un appello lanciato dal Comitato di sostegno interpartitico nel quale figurano i sindaci di Lugano e Bellinzona, Michele Foletti e Mario Branda, l’ex ministro delle Istituzioni Luigi Pedrazzini, la deputata Natalia Ferrara e l’ex municipale di Lugano Tiziano Galeazzi. Sotto, i nomi di molti esponenti politici, tra i quali spiccano tra l’altro la deputata democentrista Lara Filippini e il senatore e municipale luganese Marco Chiesa, nonostante l’UDC sia in prima fila nella campagna contro l’acquisto dell’edificio. Ma non è a loro, che si riferisce Dadò. E veniamo al suo post.
“Oggi è uscita questa pagina sul giornale. Compaiono anche dei nomi ai quali non è stato chiesto il permesso di essere associati al messaggio funesto. Questo ovviamente è grave – scrive il presidente del Centro, senza però precisare a chi si riferisce -. La Giustizia, se cade a pezzi, è per ben altre ragioni. In primis perché chi doveva occuparsene in questi anni non ha fatto assolutamente nulla. Grazie. Non è certo per la mancanza di lusso, di pavimenti di marmo e di scrivanie firmate che la Giustizia diventerà più efficiente, si metteranno finalmente i pedofili in galera e si arresteranno più malfattori. In un periodo di mancanza di soldi, iniziamo ad agire per priorità”.
Nei giorni scorsi anche il deputato dell’MPS Matteo Pronzini aveva protestato per essere stato inserito nella lista dei sostenitori dell’acquisto del Palazzo EFG: “Si tratta di una falsa notizia. MPS e Matteo Pronzini sono contrari all’acquisto ed invitano la popolazione ticinese a votare un chiaro e secco NO. Deve inoltre essere biasimato e condannato questo comportamento del comitato che ci ha inserito, senza aver il nostro consenso, nell'elenco dei fautori del si”.
Ma in quel caso si trattava di un volantino non ancora pubblicato. Nella pagina uscita oggi sul Corriere, infatti, il suo nome non compare.