ANALISI
Chiudere Politicamente scorretto? Un'istanza fascistoide. E il Consiglio del pubblico della CORSI non capisce nulla di tv
Negare l’opzione dell’abbaglio a una trasmissione, cioè a un gruppo di lavoro, significa sostanzialmente impedirgli di fare il proprio mestiere
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di Andrea Leoni

Che brutta consigliera è la voce che suggerisce la censura. Chiedere, come taluni hanno fatto, che la trasmissione Politicamente scorretto venga cancellata per uno sketch di dubbio gusto, è una richiesta fascistoide. A maggior ragione se la serrata punitiva venisse messa in atto nel villaggio del servizio pubblico. Dico fascistoide, e non fascista, perché il fascismo è una cosa seria, mentre tale istanza porta in dote solo la velleità farsesca, benché ambigua, della mascella comandina del balilla.

Non si chiudono i programmi per un errore, ammesso che quello di cui stiamo discutendo da quarantott’ore sia stato per davvero un grave scivolone. Ma prendiamolo per buono, considerate le scuse di Nicolò Casolini e della RSI. Ebbene, negare l’opzione dell’abbaglio a una trasmissione, cioè a un gruppo di lavoro, significa sostanzialmente impedirgli di fare il proprio mestiere.

A seguir con coerenza  questa logica perversa, infatti, bisognerebbe  chiudere i telegiornali ogni volta che vien detta una sciocchezza in un servizio. O calare la saracinesca sui Falò o i Patti Chiari, quando gli capita di andar lunghi. Una bestemmia che nega l’a,b,c della democrazia e il diritto, sacro e santo, per ogni lavoratore di poter sbagliare.

Ancor peggio, quando dietro le richieste fascistoidi, si celano, molto male, sottintesi punitivi di stampo squisitamente politico. Istinti che agitano i manganelli per chiedere la cacciata di professionisti, di destra o di sinistra, e la chiusura dei rispettivi programmi. Che in molti non abbiano ancora capito che l’equilibrio nella rappresentanza lo si costruisce per somma e non per sottrazione, è deprimente. Ma d’altra parte in tempi in cui l’avversario non è un interlocutore ma un nemico da abbattere, a cui neppure si concede la dignità dell’interlocutore, populista o radical chic, spalancatore di frontiere o prezzolato dei poteri forti che sia, ciò non sorprende.

Del resto, per tornare all’attinenza del tema, “cazzodurismo” e “figagessismo”, sono due facce della stessa medaglia. E così una scenetta - trash, idiota, sciocca, come pare a voi - ma pur sempre una scenetta, viene elevata a simbologia, ad architrave di un modesto pensiero feticista. Il moralismo, del resto, ed è l’unico merito che gli va riconosciuto, è uno termometro formidabile per misurare il grado di libertà sociale e, più ancora, il margine di tolleranza che siamo disposti a concedere. Temo che siamo vittima di un febbrone collettivo.

Ma se il volgo ha diritto, direi la necessità, di manifestare intemperanze e richieste strampalate, fossero anche fascistoidi, meno comprensibile è quando talune analisi lunari vengono proposte da organismi con pretese istituzionali. Ci riferiamo al Consiglio del pubblico della CORSI che, ieri, non ha mancato di dimostrare per l’ennesima volta la sua principale peculiarità: non capir nulla di televisione.

Nella stroncatura che detto gremio ha fatto di Politicamente Scorretto - non dell’ultima contestata puntata ma del format in sé - emerge con chiarezza l’inettitudine del consesso rispetto alla materia, con una serie di considerazioni che, dal profilo tecnico-televisivo, non stanno né in cielo né in terra. Un solo esempio concreto tra i molti possibili: viene contestata “la scelta degli ospiti, in questo caso e in generale”. Dick Marty, Marina Masoni, Enrico Mentana, Jorge Lorenzo, Renato Pozzetto, i vescovi Grampa e Lazzeri…sono stati tra i protagonisti del salotto di Casolini: cosa c’è di sbagliato in queste scelte di prim’ordine?

D’altra parte se il Consiglio del pubblico è largamente infarcito di politici, e personalità della società civile, selezionati per appartenenza partitica e non per competenza radiotelevisiva, il risultato di talune analisi non può che sfociare in sfumature circensi. 

Ma se pure a tale gremio si può perdonare l’incompetenza, il dovere che i suoi componenti sono chiamati ad assolvere è quantomeno quello di rappresentare quegli spettatori di cui si fregiano nel titolo: Consiglio del pubblico. Politicamente Scorretto, lo dicono i numeri, è un programma che piace a un’ampia fascia di telespettatori: le puntate realizzano ottimi ascolti, con punte straordinarie. Il 30%, occhio e croce, come media. Insomma, piace al pubblico ma non al Consiglio che pretende di rappresentarlo. Il che dovrebbe far sorgere qualche dubbio al sinedrio della CORSI rispetto a certi giudizi. A meno che nelle opinioni dei sacerdoti corsisti non alberghi quel senso di superiorità morale che considera il pubblico come una massa incolta da educare.

Politicamente Scorretto è, tra i programmi più giovani (e non solo) della RSI, quello di maggior successo. È certamente imperfetto, con uno stile e un canovaccio un po’ datato, ma funziona. Demolirlo significa non fare gli interessi dell’azienda. E la RSI dovrebbe essere la prima a rendersene conto e a difendere la produzione (al netto dell'ultima bischerata).

L’unica obiezione pertinente è quella di richiedere agli autori una comicità, più che una satira (non essendo un programma satirico), maggiormente ficcante da un punto di vista politico. Il problema, però, è che l’azienda non sarebbe in grado di proteggerla e sostenerla: se una scenetta sciocca ha scatenato un tale polverone, immaginatevi cosa accadrebbe con uno sketch davvero urticante sull’attualità…. 

Un’ultima osservazione: stupisce che né il Consiglio del pubblico della CORSI, né il presidente della Cooperativa Luigi Pedrazzini, né la direzione della RSI, abbiano sentito il dovere di esprimere pubblica solidarietà a Nicolò Casolini - che, fino a prova contraria, è pur sempre un dipendente dell’azienda - per il linciaggio social di cui è stato oggetto. Indignazione, e moralismo, a due velocità.

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