Analisi del piano di uscita dal lockdown presentato oggi dal Consiglio Federale
di Andrea Leoni
Un primo passo nella giusta direzione. Al Consiglio Federale si chiedeva innanzitutto una prospettiva di uscita dal semi lockdown in cui ci troviamo dal 22 dicembre e il piano presentato oggi dal Governo questa prospettiva la dà. Alcuni la giudicheranno troppo timida, altri troppo precipitosa. A noi pare tutto sommato ragionevole, seppur con delle lacune, degli asterischi e dei punti da discutere e chiarire. Sarà compito dei Cantoni, e di tutti gli attori interessati, occuparsene nel corso della settimana di consultazione che comincia domani.
L’idea alla base del piano di deconfinamento tracciato dalla Confederazione, si fonda su un legame stretto tra riaperture e piano di vaccinazione. Si può dire che i ministri abbiano sostanzialmente ricalcato il progetto in quattro fasi presentato negli scorsi da Economisuisse. Ai primi allentamenti previsti per l’inizio di marzo - negozi, biblioteche e musei - ne seguiranno altri con il mese di aprile, in particolare quelli del settore della ristorazione. Questo mese di decantazione non serve solo per osservare l’evoluzione epidemiologica ma per creare uno spazio alla campagna vaccinale: entro aprile si prevede infatti di somministrare il siero alle fasce a rischio della popolazione. Di fatto la Fase 2 indicata dal documento redatto dall’associazione economica.
È ovvio che tutto questo potrà funzionare soltanto se non vi saranno ulteriori frenate nell’approvvigionamento dei farmaci. “Siamo un po’ in ritardo”, ha ammesso oggi Alain Berset (alla faccia…). Israele ha già vaccinato 6,4 milioni di persone. Di queste quasi il 30% con doppia dose. La Gran Bretagna in 69 giorni ha immunizzato oltre 15 milioni di cittadini. Pur sottolineando come entrambi i Paesi mantengano un regime di lockdown assai più severo del nostro, i numeri nudi e crudi indicano come questa sia la vera critica forte e fondata da muovere al ministro della sanità. Altro che le chiusure, che sono state salvifiche per il sistema sanitario e per migliaia di vite. È sui vaccini che la Svizzera - patria della farmaceutica, sia detto di passata - non ha saputo sfruttare il formidabile vantaggio competitivo di poter negoziare fuori dall’Unione Europea e con una disponibilità finanziaria seconda a nessuno. E se il ritardo fin qui accumulato è già di per sé poco giustificabile, di sicuro non sarebbero tollerabili altri intoppi.
Un punto controverso della strategia d'uscita illustrata dal Consiglio Federale, riguarda la tempistica di un mese che separa le varie tappe. Non mi ci impiccherei. Abbiamo già visto in primavera forti accelerazioni rispetto alla tabella di marcia prevista. Se il piano di vaccinazioni proseguirà a spron battuto e i dati resteranno sotto controllo, è ipotizzabile e auspicabile che si possa procedere con un passo più spedito. L’importante, come ha detto ieri Boris Johnson, è che l’uscita dal lockdown sia prudente ma irreversibile. Retromarce sulle riaperture sarebbero infatti devastanti sia per l’economia che per il morale. Bisogna assolutamente evitare l’effetto yoyo, come lo ha chiamato Berset con una metafora efficace..
Nel piano presentato oggi, vi sono anche elementi di delusione. Ne citiamo due. Il primo. Non è stata modificata la soglia per accedere ai casi di rigori e neppure riaccesa la possibilità per i gerenti-dipendenti delle società di accedere agli aiuti, come invece accadeva in primavera. Dal profilo economico ci si poteva senz’altro attendere un segnale più forte per quelle attività che continueranno a restare chiuse o che, pur potendo lavorare, proseguiranno a subire indirettamente gli effetti collaterali delle chiusure. Maurer, da questo profilo, continua a deludere.
Il secondo punto riguarda i test rapidi. O per meglio dire i “test lasciapassare”. Sappiamo che le ditte farmaceutiche si apprestano a immettere sul mercato tamponi a basso costo e fai da te, a domicilio. Questo strumento, potenzialmente preziosissimo, resta ai margini della discussione. È notizia di oggi che in Germania si ipotizza di utilizzarli per poter riaprire in sicurezza ristoranti, cinema e teatri. Qui la questione non viene neppure tematizzata. Un errore della politica ma anche del mondo sanitario, che talvolta dà l’impressione di rigettare ipotesi alternative con troppa superficialità. Gli specialisti dovrebbero invece essere protagonisti della fase delle riaperture. Non solo limitarsi a dire alla politica quando e cosa chiudere, ma anche scervellarsi per individuare nuove piste per offrire alle autorità ipotesi sul “come” riaprire.
Il meglio è nemico del bene, soprattutto in periodo di crisi. Lo abbiamo già visto con le mascherine: quanto tempo sprecato perché si temeva che non tutti fossero in grado di indossarle come si deve…Allo stesso modo se attendiamo di avere il test perfetto o le condizioni ideali per la vaccinazione, continueremo inevitabilmente a rimandare in attesa dell’impossibile. Occorre essere pragmatici, prudenti, ma con un po’ più di fantasia e di coraggio.