Il presidente dell'UDC commenta uno studio secondo cui nel nostro Cantone si spende di più rispetto alla media svizzera in nove dei dieci parametri considerati: "Basta dire che è colpa di Berna o rispondere con un aumento di spesa"
di Piero Marchesi*
Uno studio finalmente certifica quello che alcuni esperti sapevano, che pochi partiti sostenevano e che moltissimi cittadini immaginavano, ovvero, che il Canton Ticino spende più della media dei Cantoni svizzeri per adempiere alle proprie mansioni pubbliche. Il dato è talmente chiaro da spazzare via tutte le teorie, o meglio scuse, che gli oppositori al Decreto Morisoli utilizzavano nella campagna di voto, nella recente campagna elettorale e nel dibattito sul Consuntivo 2022.
Il teorema che in Ticino non si spende troppo si è finalmente sciolto come neve al sole. Alcuni dati che lo attestano: nella sicurezza sociale si spende il 16% in più della media svizzera, nel traffico e nelle telecomunicazioni il 36%, nella sanità il 14%, nell’economia pubblica il 25%, nella protezione dell’ambiente il 20%, nella cultura il 14% e nell’ordine e nella sicurezza il 5%. Nella formazione spendiamo il 9% in meno e nell’amministrazione pubblica il 33% in più(!).
Il mio partito da tempo si lamenta, non solo perché il Consiglio di Stato non prende il toro per le corna affrontando il risanamento dei conti pubblici, con una seria e convinta revisione della spesa, ma addirittura opera in pieno contrasto a questo principio. Il numero di dipendenti pubblici negli anni è esploso, il fatto che si spenda un terzo in più della media nazionale è un chiaro indicatore. Solo negli ultimi 5-6 anni, il Governo, che si era impegnato a evitare nuove assunzioni, o quantomeno a non aumentarle, le ha invece incrementate di oltre 700 unità.
Lo studio in questione non può e non deve essere preso per oro colato, ma è pur vero che se il nostro Cantone spende molto di più in nove parametri su dieci, non si può più continuare a dare la colpa a Berna che non versa abbastanza soldi con la perequazione finanziaria, che la spesa sale perché i cittadini hanno più bisogni, se non si analizza davvero quale sia l’origine degli stessi e soprattutto se la risposta debba sempre e solo essere l’aumento della spesa.
Ora non ci sono più scuse e il Consiglio di Stato, con in prima linea il Direttore del DFE Christian Vitta, che almeno in questa circostanza dovrebbe dimostrare un minimo di coraggio e guidare il gremio nella ricerca di soluzioni, agisca per passi e secondo priorità verso una revisione della spesa per rispondere a un’evidenza oggettiva, ribadita il 15 maggio del 2022 dal 57% dei cittadini ticinesi, che approvando il Decreto Morisoli hanno chiesto alla politica di avere i conti in pareggio entro il 2025, cioè dopodomani.
L’UDC ha formulato una serie di proposte per ridurre la spesa pubblica senza intaccare i sussidi diretti alle persone che ne hanno bisogno. Certo, le misure saranno certamente perfettibili, ma ora la palla è nel campo del Governo ticinese che deve dimostrare alle cittadine e ai cittadini la volontà e la determinazione di risolvere questo annoso problema.
*presidente UDC e Consigliere Nazionale