SECONDO ME
Le bordate di Don Matteo contro il Nunzio apostolico: "Diocesi di Lugano: Giubileo delle menzogne?"
Il parroco di Gentilino sul futuro vescovo: "Siamo diversi pollastrelli nel nostro allevamento locale, a KM 0 e DOP, dove si conosce l'uovo, il pulcino, la prima piccola cresta..."
TiPress/Samuel Golay

di Don Matteo Pontinelli *

Lo scorso 20 dicembre una politica tedesca, Ursula von der Leyen, è venuta a Berna per presentare gli accordi bilaterali (Svizzera-UE) che dovranno ora essere discussi a vari livelli nel nostro paese, prima di una eventuale ratifica. A Berna risiede un altro tedesco, Mons. Martin Krebs, Nunzio Apostolico (nella foto, ndr), cioè Ambasciatore del Papa. Il suo lavoro dovrebbe consistere, tra l'altro, non nel negoziare, ma nel facilitare l'applicazione di un accordo, questo sì, già ratificato.

È quello che portò alla nascita della Diocesi di Lugano, concluso il 24 luglio 1968 ed entrato in vigore il 26 febbraio 1971, dopo anni di una storia lunga e travagliata. Una Convenzione tra il Consiglio Federale (in nome proprio e a nome del Canton Ticino) e la Santa Sede. L'art. 3 stabilisce: “L’Evêque de Lugano sera nommé par le Saint-Siège et sera choisi parmi les prêtres ressortissants tessinois.”

Nessun dubbio sull'interpretazione. La Santa Sede (cioè il Papa con i suoi collaboratori) sceglie liberamente un vescovo per Lugano. Il prescelto deve essere un “prêtre” cioè prete (presbitero): il grado precedente del sacramento dell'Ordine è “diacre”/diacono (impossibile) quello successivo è “evêque”/vescovo (non sarebbe più chiamato “prêtre”, perché già scelto per un'altra diocesi). “Ressortissant tessinois”, cioè originario/cittadino ticinese, non è razzismo: lo si è per nascita o lo si può diventare successivamente. Molti Comuni ticinesi sono fieri di aver accolto tra i loro concittadini un prete/”prêtre” prima al loro servizio come parroco/”prêtre”.

Dall'ormai lontano 10 ottobre 2022 la Diocesi di Lugano è senza il suo vescovo titolare e questa immotivata e umiliante attesa copre, a mio poco modesto parere, diverse menzogne. Ne elenco almeno due.

La prima riguarda l'origine della vicenda: non c'era e non esiste tuttora un “problema-particolare-Diocesi-di-Lugano”. È stato - con rispetto e senza negare il tanto bene fatto - un problema personale di fronte al peso di una carica. Se il predecessore dell'attuale Nunzio germanico (un allampanato Nunzio americano dalle movenze tipo Mister Bean) avesse fatto consultazioni allargate (come a due riprese in precedenti avvicendamenti) ciò che alcuni temevano o davano addirittura per scontato, visto il carattere e l'inesperienza del prescelto, si sarebbe forse potuto evitare. I “problemi” della nostra Diocesi sono, purtroppo, quelli di praticamente tutte le diocesi, occidentali ma non solo: diminuzione dei fedeli, finanziamento, abusi vari, scarsità di clero “ressortissant”. Ma i problemi non sono l'essenza della vita, nemmeno della nostra piccola Chiesa. Anzi. Se alcune tensioni escono da quello che potrebbe rimanere un ambito più riservato (i preti/”prêtres” non sono migliori dei... magistrati) è perché tra noi c'è passione, diversità, discussioni: c'è vita!

E qui veniamo ad una seconda menzogna che qualcuno “uregiattamente” (il vero intento è: no local!), talvolta con abile sponsorizzazione massmediatica indiretta, cerca di dare per verità ormai acquisita. Un pollo allevato a Nord delle Alpi e che non ha smercio sul mercato locale (chissà poi perché) non può essere spedito a Sud cambiando l'etichetta e appiccicandogli quella “Nostrani del Ticino” solo perché ha la stessa carne rosacea e la Migros ha una Cooperativa anche qui.

Siamo diversi pollastrelli nel nostro allevamento locale, a KM 0 e DOP, dove si conosce l'uovo, il pulcino, la prima piccola cresta. Ad uno tra questi la cresta il Papa potrà alzarla del tutto - diventerà violacea – e gli altri ruspanti dovranno confrontarsi con questo nuovo gallo dominante, come si è sempre fatto. Un paragone forse irriverente, ma nella vita vera e per le cose che ci stanno a cuore è così. “Prêtre/prete ressortissant tessinois” sono termini non solo inequivocabili e giuridicamente vincolanti, ma che difendono la storia, l'equilibrio delle lingue e delle culture, il rispetto delle minoranze: alcune tra le tante singolarità del nostro paese e della sua Chiesa. Non osiamo chiamarla “sinodalità” ma ci sono diversi aspetti comuni.

Tornando al citato Nunzio germanico cosa pensare? La Chiesa delle “porte aperte per tutti”, espressione ricorrente del Papa, certo non significa abolire la discrezione indispensabile al lavoro diplomatico. Ma non voler dar udienza a dei preti e (voci ricorrenti) pare addirittura ad un nostro vescovo emerito non è esattamente ”synodal”. Nel Giubileo in cui si propone di condonare alcune pene a chi ha violato la legge, non sarebbe male cominciare ad applicarla la legge, quando è chiara: “pacta sunt servanda” è un principio fondamentale della convivenza e del rispetto civile.

Anche le serie Netflix più assurde hanno una conclusione. Sarà il trasloco definitivo a Montecarlo, Principato dove contemporaneamente è anche stato nominato Nunzio nell'aprile 2024? Potrebbe essere la soluzione “diplomatica”: casino là e fine del casino qui.

* parroco di Gentilino

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