L'abrogazione dell'accordo amichevole in essere tra i due paesi, nato a seguito del Covid, apre diversi scenari problematici sia per le aziende che per i lavoratori. Ne parla Samuele Vorpe
di Samuele Vorpe*
L’accordo amichevole tra Svizzera e Italia che consentiva il telelavoro per i lavoratori frontalieri cesserà di essere valido dal prossimo 1° febbraio, causando agitazione e confusione tra le imprese e i lavoratori interessati.
La decisione delle autorità fiscali dei due paesi di abrogare l’accordo del 18-19 giugno 2020 sugli effetti delle misure adottate per combattere il Covid-19 sull’imposizione del reddito da lavoro dipendente ha causato giustamente preoccupazioni per le conseguenze fiscali che i lavoratori frontalieri dovranno affrontare se continueranno a lavorare in Svizzera utilizzando il telelavoro.
L’Agenzia delle Entrate, prendendo posizione con un interpello pubblicato proprio ieri (ndr. il 26 gennaio, cfr. Risposta n.171/2023), ha confermato che un lavoratore dipendente, residente in Italia, che quotidianamente si reca in Svizzera per svolgere la propria attività lavorativa e che ha il proprio domicilio nella zona di frontiera, può essere considerato un lavoratore frontaliero ai sensi dell’Accordo sui frontalieri. Tuttavia, una volta cessata l’efficacia delle disposizioni eccezionali e provvisorie introdotte dall’emergenza Covid-19, il reddito percepito dal lavoratore dipendente che svolge il 75% delle giornate lavorative in Svizzera e il 25% in Italia, deve essere assoggettato a tassazione concorrente in entrambi i Paesi.
All’Italia spetta poi l’obbligo di eliminare eventuali doppie imposizioni attraverso il credito delle imposte svizzere sulle imposte italiane (ad esempio se il reddito del lavoro di 100 in Italia viene tassato con aliquota del 40% e in Svizzera del 10%, l’Agenzia chiederà 30 di imposte). Inoltre, sempre l’Agenzia facendo riferimento alla Convenzione contro le doppie imposizioni e non più all’Accordo sui frontalieri, la quota di reddito percepita in Italia deve essere assoggettata ad imposizione esclusiva in Italia e, ad ogni modo, l’intero reddito di lavoro dipendente deve essere dichiarato in Italia. Dal canto suo la Svizzera non dovrà più restituire il 38.8% delle imposte incassate alla fonte ai Comuni di frontiera.
Con la cessazione dell’accordo amichevole vi sono anche rischi per le imprese svizzere, qualora l’Agenzia delle Entrate dovesse riconoscere, attraverso un’interpretazione estensiva, l’esistenza nell’abitazione del lavoratore frontaliero di una stabile organizzazione personale, la cui conseguenze sarebbero quelle di non solo tassare tutto il reddito del lavoro, ma anche di attrarre a tassazione in Italia una parte del reddito d’impresa.
Dal 1° febbraio, in assenza di un accordo che regoli l’imposizione del telelavoro tra i due Stati, si pongono quindi diversi quesiti di natura fiscale tanto per il lavoratore frontaliero quanto per l’azienda.
*prof. Dr. iur., responsabile del Centro competenze tributarie della SUPSI of counsel at COLLEGAL Studio legale e notarile Attorneys at law
Webinar: Telelavoro e frontalieri: scenario post 1° febbraio
Data: 30 gennaio 2023, ore 11.30
Durante l’incontro organizzato dal Centro competenze tributarie della SUPSI si cercherà di fare un po’ di chiarezza sugli scenari post 1° febbraio, considerando anche il nuovo accordo fiscale sui frontalieri che dovrebbe entrare in vigore il prossimo anno.
Parteciperanno come relatori Andrea Ballancin, Marco Bernasconi, Michele Scerpella e Samuele Vorpe.
Per maggiori informazioni https://www.supsi.ch/fisco/eventi-comunicazioni/eventi/2023/2023-
01-30.html