Gli autogestiti tornano sulla rioccupazione degli spazi e denunciano le violenze subite dalla Polizia. "Una giovane ha perso conoscenza, fatta cadere da un agente. Un ragazzo è stato fatto cadere da una scala e ha rotto una costola"
LUGANO - Gli autogestiti tornano a dire la loro dopo la rioccupazione del Macello e i fatti che hanno di nuovo monopolizzato, a distanza di sette mesi, la scena mediatica ticinese, con annesse polemiche politiche. Denunciano presunte violenze su alcuni di loro, da una ragazza che ha perso conoscenza dopo essere stata gettata a terra da un agente sino a delle costole rotte da un altro fatto cadere da una scuola e la negazione dell'acqua alla giovane che era rimasta sul tetto.
"Abbiamo voluto riprenderci quegli spazi, non per farci una festa e non per cercare un luogo dove passarle, le feste. Quegli spazi li abbiamo ripresi per la dignità che ci sentiamo, per il rispetto che ci dobbiamo e per la coerenza che ci viviamo. Sorprendendo, sognando, spiazzando e mettendoci i nostri corpi e le nostre vite. Li abbiamo ripresi per mettere ancora una volta in evidenza quello che puntualmente non avviene in questo cantone. Per le speculazioni, le bugie, l’arroganza, l’ignoranza, i claudicanti passaggi d’informazione e i farlocchi decreti d’abbandono. E chiaramente anche per riprenderci le nostre cose (e “a modino”, non con l’ennesima schedatura burocratica imposta da chi vorrebbe ancora una volta sottometterci e ricattarci), per assaporare l’aria di ciò che ci è stato sottratto e per ridare un senso di libertà in questi tempi confusi, controllati e ristretti", spiega il CSOA in una lunga nota.
E non è finita: "In ogni caso, chi pensava di poter lasciare le macerie dell'ex macello al sicuro, dietro un recinto e una cortina di commenti giornalistici spesso compiacenti dovrà rivedere i suoi calcoli. Occorrerà perlomeno provvedere a spendere ancora qualche milioncino per il dispositivo di sicurezza, perché di qui a due anni le occasioni per riprendere l'ex macello saranno infinite. En passant, viene da chiedersi: fino a quando durerà la situazione di vera e propria militarizzazione di un'intera area della città, con una strada principale rimasta chiusa per vari giorni, presidiando il nulla".
Viene raccontata la loro versione di quanto successo. "Potrà sembrare strano (e certamente lo è) che chi ama camminare inseguendo gli orizzonti smisurati delle utopie possa parlare allo stesso tempo di realtà e di misura. Ma nella città dei grandi poli di speculazione sportivi e degli eventi, delle banche e fiduciarie specializzate nel riciclaggio di denaro sporco, delle centinaia di case sfitte e dello spopolamento record, sono ancora le macerie di un centro sociale occupato e autogestito a dare il senso delle cose, a pesare la distanza che sta tra i fatti e le parole. Non ci aspettavamo andasse troppo diversamente, ma la sorpresa della riappropriazione non è stata vissuta nel migliore dei modi da chi sguazza nella palude delle istituzioni. Tantomeno ci aspettavamo qualcosa di diverso dalle solite pratiche repressive fatte di cariche, di uso di armi chimiche, di proiettili di gomma, di arresti e denunce. Non ci sorprende infatti che, durante l'occupazione, una compagna è stata volutamente scaraventata a terra da un agente antisommosa, con conseguente perdita di conoscenza. Non ci stupisce che un compagno è stato fatto volutamente cadere da una scala da alcuni agenti di polizia, con una frattura alle costole. Non ci stupisce che alla compagna rimasta sul tetto siano state fatte forti pressioni psicologiche per abbandonare lo spazio e che le sia stata negata l'acqua".
Ma i molinari, come detto, non mollano. Pur aspettandosi un continuo stato di polizia, che a loro dire è legittimato dai decreti di abbandono di Pagani. "A sette mesi esatti da quella che qualcuno ha definito la notte dell'infamia, le arroganti parole del procuratore generale Andrea Pagani fanno il verso a una normalizzazione fatta di interventi di polizia e stati di assedio, in cui alla fine la violenza repressiva si autoassolve, si abbandona, si scarica a vicenda".