Il banchiere torinese scrive la propria apologia a La Stampa: “Cristina e io intendevamo impostare il nostro matrimonio sulla fedeltà. Lei lo pretendeva. Dovevo salvare la mia reputazione, il dono più grande lasciatomi dai miei genitori”
TORINO - Segre-Seymandi, nuova puntata. Il banchiere torinese, che - come noto - ha lasciato la compagna durante la festa organizzata per annunciare le loro nozze, accusandola pubblicamente di infedeltà pre-coniugale, rompe il silenzio per la prima volta dopo i fatti e dopo l'apertura di un'istruttoria da parte del Garante per la Privacy.
In una lettera indirizzata a La Stampa, Segre dà la propria versione e si difende: "Non vi è violenza ad affermare la verità pubblicamente. Raccontare che la signora Seymandi, prima ancora di sposarmi, intesseva altre relazioni sentimentali non è violenza: è un fatto che - se la relazione fosse stata quella di una coppia aperta - non sarebbe stato preclusivo al nostro matrimonio”, premette il banchiere.
L’anello di famiglia come promessa
E prosegue: “Da quando, esattamente 3 anni prima, il 28 luglio 2020, infilai al dito di Cristina lo zaffiro di mia madre, chiedendole di sposarmi e ottenendone l'assenso, io non sono più stato libero di amare altre, e così avrebbe dovuto essere per lei. Così intendevamo entrambi impostare la nostra relazione e il nostro matrimonio. Questo era il patto suggellato indossando l'anello della mia famiglia. Cristina non solo ne era totalmente consapevole e consenziente, ma lo pretendeva”, aggiunge.
Chi ha diffuso il video?
Segre sottolinea poi di non aver responsabilità nella diffusione del filmato del suo discorso, spiegando di aver anche cercato di fermare il quotidiano torinese all'epoca della pubblicazione del primo articolo sulla vicenda, per poi tornare ad accusare l’ex compagna, la “Signora Seymandi”, come la chiama lui, "talmente abile nel raccontare una propria visione della realtà che dovevo assolutamente preservare la mia reputazione, il dono più grande lasciatami dai miei genitori".
La Stampa, infatti, nei giorni scorsi ha titolato un articolo "Da che pulpito" accusandolo implicitamente di infedeltà a sua volta.
Una storia da cui imparare
Come ogni esperienza, per quanto dolorosa, anche questa spiacevole vicenda può insegnare qualcosa. Nel suo caso, Segre afferma di aver imparato dalla “Signora Seymandi” l’”importanza di comunicare”.
“Cercherò di comunicare cose importanti, come la bonifica dall'amianto dell'ex grattacielo Rai che una mia società sta portando avanti nell'ambito di un progetto di riqualificazione urbanistica, più significative di questa storia da estate italiana, assolutamente da me non voluta né desiderata”, spiega il banchiere, aggiungendo che auspicava che le informazioni contenute nel video rimanessero confidenziali e all’interno di una ristretta cerchia di amici.
"Non pretendo assolutamente che chiunque la pensi come me. Anzi, per citare Evelyn Beatrice Hall (e non Voltaire, come i più ritengono) 'disapprovo ciò che dici, ma difenderò con la vita il tuo diritto a dirlo'. Voglio solo aggiungere che il problema della parità di genere non mi appartiene. Mia mamma fu la prima presidente donna di una banca quotata in Italia. E mi ha insegnato che le persone si giudicano per le loro qualità, non per il loro sesso”, ha concluso.