Il pastore Stefano D’Archino, presidente della Cert, sull’arresto di don Leo: “Fosse capitato a noi, avremmo segnalato immediatamente”
LUGANO - L’arresto di don Rolando Leo, cappellano del Collegio Papio di Ascona, dal 7 agosto rinchiuso nel carcere giudiziario della Farera - dove rimarrà per almeno due mesi - con l’accusa di atti sessuali con fanciulli, coazione sessuale, atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere e pornografia, ha toccato la sensibilità pubblica, non solo degli allievi dell’Istituto e delle loro famiglie, ma anche della politica e degli esponenti di altre confessioni. Dal canto suo, nei giorni scorsi, la Curia ha ritenuto opportuno chiarire - tramite una nota stampa - i motivi per cui non siano stati adottati provvedimenti preventivi nei confronti del sacerdote, lasciando che trascorressero oltre cinque mesi dalla segnalazione all’Amministratore apostolico da parte di una persona, oggi adulta ma adolescente all’epoca dei fatti, cui il prete avrebbe in passato rivolto le sue attenzioni, fino all’arresto. In questo lasso di tempo, don Leo ha potuto continuare la propria attività nell’ambito della pastorale giovanile diocesana, conclusasi con un pellegrinaggio di una settimana in bicicletta a Medjougorje, terminato la sera del 6 agosto e cui ha preso parte un nutrito gruppo di ragazzi. Tutto ciò nonostante - come emerso dalle prime indagini penali - il presbitero avrebbe rivolto le proprie attenzioni a diversi adolescenti nel corso degli anni e pare fosse solito fare uso di filmati a sfondo pedopornografico. La Curia ha comunque sostenuto che nei confronti di don Leo non è stata adottata alcuna misura “per non interferire nell’accertamento della verità e rischiare l’inquinamento delle prove”. Va anche ricordato che la notizia del fermo del sacerdote ha lasciato incredule molte persone che lo hanno conosciuto e frequentato in passato come una persona assolutamente perbene e il cui comportamento non ha mai destato fastidio o sospetti.
Parlando delle altre confessioni, la Chiesa Evangelica Riformata in Ticino (Cert), con diverse migliaia di fedeli in tutto il Cantone e sostenuta da contributi volontari, svolge anch’essa diverse attività con e per i giovani, e si è sentita molto toccata dalla vicenda. In una lunga intervista a La Regione, il pastore Stefano D’Archino, presidente della Cert, sottolinea come la piaga degli abusi nel clero cattolico abbia inevitabilmente delle ripercussioni anche sulla sua Comunità, benché in cinquant’anni di storia non si sia registrato alcun caso. Malgrado ciò, D’Archino è del parere che tali scandali nuocciano a tutta la Chiesa e alla testimonianza cristiana in generale: “Purtroppo, pur nelle loro differenze, la gente vede le varie Chiese come un’unica cosa, anche per via delle collaborazioni ecumeniche che hanno. Ricordo che, in seguito a precedenti casi emersi in Svizzera, un significativo numero di membri ha abbandonato anche le nostre Chiese”, rileva il pastore.
Nell’intervista, D’Archino spiega inoltre che la Chiesa Evangelica Riformata in Ticino, in seguito al dilagare di casi di abusi sui minori nel clero cattolico e per sensibilizzare la propria Comunità sul tema, ha adottato al suo interno diverse contromisure, quali l’inserimento negli statuti una linea chiara e inequivocabile contro ogni abuso, e incaricando una società esterna, la Movis.ch, di offrire consulenza e supporto a eventuali vittime. Inoltre, in autunno saranno avviati dei corsi di formazione e sensibilizzazione per tutti gli insegnanti, gli impiegati e i volontari, finalizzati alla prevenzione di ogni tipo di abuso e per rafforzare la consapevolezza sul tema. “Purtroppo, in passato nella società gli abusi sui minori venivano sottovalutati, mentre oggi c’è finalmente completa coscienza della gravità di tali episodi”, afferma.
E ancora, “Trattandosi di gravissime forme di violenza e di attacco all’integrità personale e a una crescita equilibrata, la trasmissione di eventuali casi di abusi all’autorità penale presso di noi sarebbe immediata”, aggiunge D’Archino. “Nei regolamenti abbiamo infatti specificato che i Consigli di Chiesa hanno l’obbligo di diligenza. Ciò significa che, come per le aziende, qualora giunga una notizia che possa configurare un reato, il Consiglio debba avvertire subito l’autorità pubblica. Ecco perché se fosse capitato a noi, avremmo agito diversamente”. Con tutto ciò, la Cert intende testimoniare che "non ci deve essere la benché minima tolleranza verso casi di questo genere”, conclude il pastore, rimarcando che, dal proprio punto di vista, “l’imposizione del celibato (assente nella Cert) favorisce una visione distorta della sessualità, benché purtroppo gli abusi sui minori avvengano anche in altri contesti lontani dalle chiese”.