L'indiscrezione è stata lanciata stamattina dalla Regione. Il gremio incaricato di comporre la lista starebbe infatti valutando - a maggioranza - l'esclusione del presidente
BELLINZONA - Fiorenzo Dadò non ha ancora sciolto le riserve su una sua possibile candidatura al Consiglio di Stato. Il presidente del PPD, come da lui stesso dichiarato nelle scorse settimane, sta valutando se scendere in campo in una contesa elettorale che, con ogni evidenza, lo vedrebbe come primo competitor del Consigliere di Stato uscente Paolo Beltraminelli. Una sfida che sarebbe di certo appassionante ma anche parecchio aspra.
Secondo quanto scrive stamane la Regione, tuttavia, al di là delle legittime riflessioni del numero uno degli azzurri, contro una sua candidatura potrebbe schierarsi la maggioranza della Commissione Cerca, incaricata dal partito di formare la lista. Una scelta clamorosa che, pur non tagliando definitivamente le gambe a una candidatura Dadò (a prendere la decisione finale saranno gli organi del partito), la frenerebbe parecchio.
Il quotidiano bellinzonse ha tentato di stanare sulla notizia Marco Passalia, coordinatore della Commissione Cerca. Ma il deputato e vicepresidente, ovviamente, non si è sbilanciato, trincerandosi dietro dichiarazioni di circostanza.
Passalia, in ogni caso, qualche parola importante l’ha spesa: “Quello che posso dire è che tanti buoni possibili candidati si sono resi disponibili, ed è molto confortante. È innegabile, nell’ultimo periodo abbiamo avuto alcune difficoltà. Ma, proprio se consideriamo questo fatto, è molto positivo che da diverse persone che potenzialmente potrebbero entrare nella lista per il Consiglio di Stato siano arrivate molta collaborazione e voglia di mettersi a disposizione. Mi ha fatto molto piacere, in questa misura così ampia onestamente non me l’aspettavo”.
Ancora non è chiaro il metodo con cui il PPD porterà a termine la composizione della lista. Si parla ancora della possibilità di organizzare delle mini primarie davanti al Comitato cantonale, portando una rosa di più nomi, in modo che sia il parlamentino a scegliere la rosa definitiva dei cinque candidati da mandare prima al congresso e poi al voto.