Il PPD deve fare una scelta di fondo: decidere se rendere davvero contendibile il seggio di Paolo Beltraminelli. La Commissione Cerca ha dato la sua risposta: no
di Andrea Leoni
La Commissione Cerca del PPD ha concluso ieri i suoi lavori, formulando la sua proposta di lista per il Consiglio di Stato. Ora toccherà prima alla Direttiva e poi al Comitato cantonale apportare dei cambiamenti o confermare la cinquina.
La proposta dei commissari guidati dal vicepresidente Marco Passalia ha subito suscitato qualche malumore. Dissensi comprensibili a causa dell’esclusione di alcuni nomi eccellenti.
Per ragioni di sintesi - nessuno s’offenda - lo diciamo un po’ alla brutto cane: l’impressione è che la Commissione, a furia di cercare, si sia persa.
Il primo elemento che balza subito all’occhio, infatti, è che i commissari sembra abbiano tralasciato uno dei criteri fondamentali attraverso il quale si compongono le liste: i voti.
Sorvolando su Paolo Beltraminelli (che pure cinque anni fa risultò ultimo tra gli eletti in Governo e oggi certamente è indebolito), solo Raffaele De Rosa porta quantomeno in dote i suffragi per un’elezione in Gran Consiglio. Il sindaco di Riviera è tra i deputati più capaci e preparati tra quelli che siedono in Parlamento, ma non è certo una macchina da voti: quattro anni fa arrivò 12esimo tra i 17 deputati pipidini eletti. Uno dei grandi esclusi, Fabio Bacchetta Cattori, arrivò quinto (ma davanti a sé, salvo Alex Pedrazzini aveva tre candidati al Governo, come De Rosa, del resto). La storia elettorale di Giovanni Jelmini - per citare l’altro grande escluso - certifica senza dubbio che, tra i candidati disponibili, è quello che sulla carta dispone del maggior paniere di preferenziali. Sarebbe il vero sfidante.
Gli altri tre candidati - Michele Rossi, Alessandra Zumthor ed Elia Frapolli - sono dei neofiti della politica cantonale. A loro non si può chiedere nulla in termini di consenso. Incarnano certamente note positive di rinnovamento ma sono, semmai, musica del futuro: per ora possono solo accompagnare lo spartito del presente, non modificarlo.
Abbiamo sempre sostenuto che il PPD avrebbe dovuto fare una scelta di fondo per le prossime elezioni: decidere se rendere davvero contendibile il seggio di Paolo Beltraminelli. La Commissione Cerca ha dato la sua risposta: no. Probabilmente cogliendo un umore all’interno del partito, i “cercatori” hanno preferito posticipare la sostituzione in Governo tra quattro anni, quando Beltraminelli terminerà il suo mandato e diversi papabili - oggi non spendibili per X ragioni - saranno pronti a raccoglierne l’eredità.
L’idea di presentare quella che non può che essere definita come una Beltralista, scommette sul fatto che il seggio in Governo azzurro non sia davvero in pericolo e dunque meglio non scatenare una bagarre interna e lasciare che la natura faccia il suo corso. Il rischio, tuttavia, è quello di non mobilitare il proprio elettorato in un momento da tutti giudicato difficile. Se si passa troppo all’acqua bassa di sicuro non c’è il pericolo di affogare, ma di inciampare e spaccarsi la zucca, sì.
Del resto era stato per primo il presidente Fiorenzo Dadò ad agitare questo spettro, auspicando che il suo partito presentasse “una lista molto forte, il più forte possibile. Una lista combattiva, con dei profili forti, perché, come si è già visto, sarà una campagna elettorale senza esclusione di colpi. Se non si farà così, il rischio per il partito di prendere una batosta è serio”.
Parole che, leggendo la lista, sono rimaste del tutto inascoltate.