SALUTE E SANITà
Sindrome cinese, il dottor Garzoni: "Ecco cosa sappiamo finora sul coronavirus. Ma niente panico e informatevi dalle fonti ufficiali"
Intervista all'infettivologo ticinese membro della Commissione federale sulle pandemie: "La Svizzera e il Ticino sono comunque già stati preparati a epidemie di questo tipo in passato"
TiPress/Alessandro Crinari
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LUGANO - Parafrasando il titolo di Gabriel Garcia Màrquez – “L’amore ai tempi del colera” - si potrebbe dire “L’amore ai tempi del coronavirus”. O forse meglio “L’epidemia ai tempi dei social”… Già, perché se è vero che i progressi della medicina e in particolare delle biotecnologie hanno permesso di identificare in poche settimane il virus “cinese”, di “sequenziarlo” a livello di DNA, e di creare un test in grado di fornire una risposta rapidissima su eventuali contagi, è anche vero che il grande calderone mediatico nel quale si mescolano e si confondono verità e menzogne, ipotesi scientifiche e fantascientifiche, ha generato un gran pandemonio. Una pandemia di paura, se non di terrore. Una sorta di "sindrome cinese".

 

Cerchiamo dunque di fissare le poche certezze che si hanno allo stato attuale della situazione.

 

“Il reale pericolo del virus non è ancora ben chiaro, come non è chiaro quanto potrà potenzialmente diffondersi – spiega a liberatv il dottor Christian Garzoni, specialista in medicina interna e malattie infettive, direttore sanitario della Clinica Moncucco, libero docente all'Università di Berna e membro della Commissione federale sulle pandemie -. Sembra che questo virus sia meno aggressivo rispetto alla SARS e alla MERS, ma più di una semplice influenza. Sappiamo che si trasmette da uomo a uomo e che ad oggi non esistono medicamenti specifici per combatterlo”.

 

Le autorità sanitarie dei vari paesi si stanno preparando, aggiunge Garzoni. “I punti di domanda rimangono molti, ma la cosa positiva è che ci si è resi conto molto rapidamente del problema, in tempi impensabili fino a dieci anni fa, e che le autorità cinesi hanno reagito tempestivamente, adottando anche misure draconiane per evitare la diffusione del virus”.

 

Ma niente panico, raccomanda Garzoni. “Stiamo assistendo a un pandemonio mediatico eccessivo, che genera insicurezza e paure ingiustificate. Il mio consiglio è cercare informazioni sui canali ufficiali e non dar retta alle dicerie, alle notizie non verificate e quello che si legge sui social”.

 

Ciò che sappiamo è che nella città di Wuhan, nella Cina centrale, si è verificato un numero insolitamente elevato di casi di polmonite provocati da un coronavirus finora sconosciuto (2019-nCoV).

 

“E sappiamo anche – dice l’infettivologo - che questo virus è della stessa famiglia di quelli della SARS e della MERS. È stato anche appurato che si tratta primariamente di un virus dei pipistrelli che è “saltato” sulla specie umana. Negli ultimi anni ci sono state queste due epidemie di virus di origine animale che si sono trasmessi all’uomo con polmoniti con elevato tasso di mortalità. Ora, poco prima di Natale, a Wuhan sono stati registrati numerosi casi di polmoniti con diversi decessi, ma a inizio gennaio il virus era già stato isolato e caratterizzato. Le persone inizialmente contagiate lavoravano al “mercato del pesce”, che però è un grande mercato dove ci sono molti animali vivi a stretto contatto, favorendo gli scambi di materiale virale e il generarsi e il diffondersi di nuove specie virali tra animali e il potenziale passaggio anche all’uomo. Ovvio quindi che in un contesto del genere, caratterizzato da scarsa igiene e strettissimo contatto tra umani e animali, i virus trovano terreno fertile per arrivare all’uomo”.

 

Il dottor Garzoni, dicevamo, raccomanda di informarsi sui canali ufficiali. Uno di questi è il sito dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), che ha dedicato una pagina al coronavirus.

 

“Secondo le indicazioni delle autorità si sono ammalate complessivamente oltre 1300 persone, 41 delle quali sono decedute – vi si legge -. Secondo le indicazioni delle autorità cinesi, l’origine del focolaio potrebbe essere un mercato del pesce, nel quale vengono venduti anche altri animali tra cui polli, pipistrelli, marmotte e altri animali selvatici. Il mercato è chiuso dal 1° gennaio ed è stato disinfettato e pulito.

 

Sulla base delle conoscenze disponibili, un gruppo di esperti cinese della ‘National Health Commission’ ha confermato una trasmissione da persona a persona. L’entità del rischio di una tale trasmissione non è ancora valutabile.

 

Oltre che nella città di Wuhan, sono stati confermati altri casi in 25 province cinesi. Al di fuori della Cina, sono stati confermati casi a Hong Kong, in Giappone, a Macao, nella Corea del Sud, a Taiwan, in Thailandia, a Singapore, Vietnam, Nepal, Malesia, Australia e negli Stati Uniti da parte delle rispettive autorità nazionali. Da ieri (venerdì 24 gennaio, ndr) si sa che il virus ha raggiunto anche l'Europa: In Francia sono comparse tre persone contagiate. In nessuno di questi Paesi si sono verificati ulteriori contagi. A causa dei recenti sviluppi negli ultimi giorni e in vista delle festività del capodanno cinese, il rischio di un’ulteriore diffusione è elevato”.

 

Le autorità cinesi, si legge sempre sul sito della Confederazione, “hanno messo praticamente in quarantena la città di Wuhan. I collegamenti aerei e ferroviari dalla città della Cina centrale nella quale l’agente patogeno è comparso per la prima volta sono utilizzabili solo limitatamente ed è stato ordinato di indossare la mascherina nei luoghi pubblici.

 

Sebbene vi siano voli diretti da Wuhan a Londra, Parigi e Roma, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) ritiene attualmente possibile il rischio di un’importazione della malattia. Altrettanto vale per la Svizzera. Anche in Svizzera non si possono escludere casi singoli. Per il momento non sono indicate misure per i passeggeri in arrivo come quelle adottate in alcuni Paesi del Sud-Est asiatico e a Londra e Roma.

Il Centro nazionale di riferimento per le infezioni virali emergenti (CRIVE) di Ginevra è in grado di rilevare molto rapidamente il nuovo coronavirus attraverso esami di laboratorio. I casi sospetti sarebbero esaminati e, se del caso, trattati in base alle direttive vigenti per la MERS.

L’UFSP e i suoi partner si preparano ai possibili scenari di un’ulteriore diffusione del nuovo coronavirus”.

 

E chi ha in programma viaggi internazionali, in particolare verso l’Asia, come deve comportarsi?

 

“La globalizzazione, il turismo e i viaggi di massa rappresentano un problema in più per arginare le epidemie – spiega Christian Garzoni -ma non possiamo fermare il mondo. Non sappiamo ancora quanto alto sia il rischio di trasmissione diretta del virus, quindi è difficile dare raccomandazioni. Di certo bisogna evitare di andare nelle regioni epidemiche in Cina”.

 

Cosa che sconsiglia anche il Dipartimento federale: “Si sconsiglia attualmente di recarsi a Wuhan, poichè la città è stata messa praticamente in quarantena dalle autorità e i collegamenti sono ancora molto limitati. Per chi si reca nelle restanti regioni della Cina, l’UFSP raccomanda di: adottare buone misure di igiene personale come lavarsi regolarmente le mani; evitare i mercati che vendono animali vivi o morti; mangiare uova e carne soltanto se ben cotti; evitare il contatto con animali vivi e i loro escrementi; evitare possibilmente il contatto con persone affette da sintomi respiratori; i viaggiatori in arrivo dalla Cina che presentano problemi respiratori o sintomi della malattia devono consultare un medico e informarlo del loro viaggio in Cina.

Gli aeroporti di Singapore, Hong Kong, della Thailandia, di Taiwan e di altre città nell’area asiatica hanno introdotto misure di screening per i passeggeri provenienti da Wuhan. Altrettanto hanno fatto gli Stati Uniti negli aeroporti di Los Angeles, San Francisco e New York. Anche in Europa, negli aeroporti di Fiumicino a Roma e di Heathrow a Londra, sono state adottate misure per i voli diretti da Wuhan”.

 

In sintesi, importante sarà seguire l’evoluzione dell’epidemia e gli aggiornamenti ufficiali che arriveranno nei prossimi giorni dalle autorità sanitarie quali l’Ufficio Federale di Sanità Pubblica per capire la reale pericolosità del virus, il suo potenziale di diffusione, l’entità della potenziale epidemia e di conseguenza le misure da adottare. La Svizzera e il Ticino sono comunque già stati preparati a epidemie di questo tipo in passato, e non verranno colti impreparati, conclude Garzoni.

 

 

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