Noland Arbaugh è il primo essere umano ad avere il programma della startup di Elon Musk impiantato nel cranio. Nel bilancio dei primi mesi, si spiega come è stato risolto un problema di diminuzione degli elettrodi effettivi, lavorando sull'algoritmo
NEW YORK - Sono passati 100 giorni da quando al 29enne tetraplegico Noland Arbaugh è stato impiantato nel cervello il sistema ideato dalla startup di Elon Musk Neuralink. Grazie ad essa, può compiere attività che prima gli erano precluse in autonomia, come giocare a scacchi o usare la Nintendo. Il bilancio, sinora, è certamente positivo.
Un rapporto parla dei progressi di Arbaugh, senza nascondere un problema riscontrato e poi risolto. A un certo punto infatti si erano staccati alcuni elettrodi.
Neuralink funziona grazie a N1, un impianto installato nel cranio, che consente di registrare l'attività neurale tramite 1024 elettrodi distribuiti su 64 fili più sottili di un capello umano, la quale poi viene letta dagli elettrodi di N1, amplificata, filtrata, convertita da analogica in digitale, e tradotta in un algoritmo che è inviato via Bluetooth al dispositivo ricevente. Per poterlo inserire, viene tolta una parte del cranio.
Noland è il primo essere umano a aver sperimentato questo sistema. Viene dunque monitorato continuamente, per registrare passi avanti, implicazione del dispositivo e eventuali problemi. Ci si è resi conto che nelle settimane successive all'intervento, alcuni fili del dispositivo N1 posizionato nel cranio si sono ritratti dal cervello, con una conseguente diminuzione del numero di elettrodi effettivi. Come si è intervenuti? Gli ingegneri di Neuralink hanno modificato l'algoritmo in modo che sapesse trarre il meglio dai segnali neuronali rimanenti.
Un aggiornamento del software ha dunque permesso al programma di funzionare, tra l'altro ancora meglio, anche in presenza di meno contatti neuronali.