Appello alla comunità: facciamo sentire alla politica la nostra indignazione per la tragedia del Covid in Ticino
di Andrea Leoni
Finora la strategia del Consiglio di Stato di contrasto alla seconda ondata pandemica - supportata dalla maggioranza dei partiti in Gran Consiglio - si è rivelata un fallimento. È stato fallito l’obbiettivo di un Natale “il più normale possibile”, anche per dare un po’ di ossigeno all’economia dei commerci e degli esercizi pubblici. È stato fallito l’obbiettivo di non sovraccaricare il sistema sanitario, considerato che abbiamo gli ospedali pieni e medici e infermieri stremati costretti da settimane a turni di 12 ore al giorno. È stato fallito, infine, l’obbiettivo di contenere i decessi considerato che ci avviamo tristemente a bissare i morti della prima ondata, con la speranza di non andare oltre. E a differenza della primavera non c’è più la scusa di essere stati colti di sorpresa dal nuovo virus.
Una strategia, quella del Governo ticinese, che è riuscita nell’impresa non semplice di far incazzare tutti. L’economia, che ora si ritrova con il periodo natalizio alle ortiche. Il mondo sanitario, abbandonato alle proprie fatiche dentro gli ospedali. Quella parte di popolazione che si aspettava ben altra protezione da parte dello Stato e anche coloro che avevano fiducia che le misure “con il bilancino” avrebbero garantito maggiori libertà. È stato partorito un Frankenstein, una specie di lockdown che è peggiore del lockdown, perché non sta portando alcun risultato, né sul piano sanitario, né su quello economico.
Intanto anche oggi quindici morti, venticinque sommati a quelli di ieri, sessanta se contiamo gli ultimi sette giorni. Sono numeri che lasciano senza respiro, senza voce. Sono vittime che bussano alla coscienza dei governanti e a quella collettiva. Sono uno pugno nello stomaco alla nostra comunità assopita in un individualismo feroce. Sono nonni, zii, fratelli, padri, amici. E ognuno di loro rappresenta un dramma per chi gli ha voluto bene. Vite strappate in un’indifferenza che offende uno per uno i nostri valori. A cominciare dal primo: la difesa e la sacralità di ogni vita.
Muoiono i più deboli, gli anziani e i malati. I “noss vecc”, sempre chiamati in causa per rimpinguare i forzieri elettorali, e oggi trattati come morti di serie B, quantité négligeable. Dove sono i partiti che si sono sempre presentati come i paladini degli anziani. Dov'è il mondo cattolico, che della difesa strenua della vita, dei malati e dei fragili, ha fatto il suo caposaldo e oggi arrossisce in un silenzio complice, invece che scacciare i mercanti dal Tempio. Salvate le messe, siamo a posto?
Neppure di fronte alla tragedia degli ultimi giorni, il Governo e il Parlamento hanno finora avuto un sussulto di umanità, capace di prendere l’unica decisione che ci resta: chiudiamo tutto il possibile, subito! Piuttosto che retrocedere dal dogma sciocco e capriccioso - no lockdown, assolutamente no - in cui l’Esecutivo si è imprigionato, siamo andati a sindacare sulle misuricchie proposte dal Consiglio Federale. C’è di che vergognarsi.
Ma è troppo facile puntare il dito solo contro il Consiglio di Stato e il Gran Consiglio. Nel bene e nel male, non mi piace cercare protezione sotto la sottana di mamma Governo. È la nostra società nel suo complesso che è venuta a mancare: in fondo a tanti andava benissimo che i ministri non stringessero i bulloni, quando eravamo ancora in tempo per farlo. Anzi, in molti si sono fatti sedurre dai pifferai del negazionismo, che oggi dovrebbero avere il coraggio di suonare le loro bufale alle decine di funerali che si celebrano nel nostro Cantone.
Ma come comunità abbiamo ancora la possibilità di reagire. Lunedì si aprono quattro giorni di Gran Consiglio. Chi può faccia giungere ai deputati l’indignazione per il dramma che stiamo vivendo, chiedendo loro di farsi promotori presso l’Esecutivo, affinché si faccia finalmente ciò che è necessario. Non minuti di silenzio, ma fatti.
Anticipiamo le vacanze scolastiche, chiudiamo bar e ristoranti e pretendiamo che Berna apra subito i cordoni della borsa (invece di prendere per il culo un’intera categoria di lavoratori, giochicchiando sugli orari) e blocchiamo ogni attività sociale e commerciale non indispensabile. Facciamo copia e incolla con quel che han fatto in Romandia. Fermiamoci subito!
Così facendo avremo almeno l’occasione di vivere con un sussulto dignità questo Natale funereo.
Post scriptum: a seguito del nostro articolo un lettore di Liberatv ha lanciato una petizione online indirizzata al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio. Chi volesse sottoscriverla e condividerla con famigliari, amici e colleghi può cliccare qui.