ANALISI
Le dimissioni di Ermani e la nottata della giustizia ticinese
Se per il giudice dimissionario la storia finisce qui, lo stesso non si può dire per gli altri protagonisti della vicenda
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Il giorno che il Consiglio della magistratura ha destituito Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti, l’assenza di una decisione del CdM sul procedimento a carico di Mauro Ermani, aveva fatto supporre ad alcuni che l’organo di governo dei togati, avesse lasciato al presidente del Tribunale un’ultima possibilità di dimettersi, sfuggendo in questo modo alla macchia di una scomunica dopo decenni di onorata carriera. Chi lo ha pensato e chi lo ha scritto, trova oggi conferma nel passo indietro compiuto dal giudice.

Non servivano le misteriose “doti divinatorie” di Norman Gobbi, in questo caso, per pronosticare che sarebbe potuta finire così. L’avvocato di Ermani, Luigi Mattei, ha motivato il gesto con un peggioramento dello stato di salute del suo assistito durante le vacanze natalizie. Di fronte a questa dichiarazione, rispettosamente, ci fermiamo e non aggiungiamo altro riguardo alle tempistiche e alle conseguenze delle dimissioni. È facile supporre che tutto si sia intrecciato pericolosamente, tra salute, professione e pressione mediatica, nella bufera che ha investito Ermani, dove accanto alle evidenti colpe del giudice non sono mancati atti di killeraggio nei suoi confronti. Auguri di buona guarigione, nella speranza che la vittoria di ieri del suo, del nostro, Milan, gli abbia portato un po’ di benessere (“E allora sarà ancora bello, quando vince il Milan”). Gli stessi auguri vanno rivolti con calore a tutte le altre persone coinvolte che hanno sofferto, o soffrono ancora, per tutta questa assurda vicenda, dove si contano solo feriti e sconfitti.

Resta incredibile agli occhi dei cittadini, ma anche a quelli dei cronisti più navigati, come una bega da ufficio - il cui perimetro di gravità non ci è mai stato chiarito, assurdo - abbia potuto terremotare in modo così profondo un’istituzione di punta come il Tribunale penale cantonale. Un’istituzione, dunque, che si è dimostrata fragilissima e in totale balia dei caratteri dei protagonisti. Possono i bisticci o i comportamenti inappropriati tra poche persone, arrecare un danno così grave a un settore nevralgico dello Stato e quindi alla collettività? Conta solo la qualità delle persone  oppure sono necessari meccanismi che disinneschino alla radice future situazioni simili? C’è di che riflettere, anche perché la filigrana della vicenda ci restituisce la caduta di un regno. E regno e repubblica, alla lunga, non possono coesistere.   

Se per Mauro Ermani la storia finisce qui, lo stesso non si può dire del resto. Innanzitutto la destituzione dei giudici Quadri e Verda Chiocchetti dovrà affrontare la verifica delle istituzioni di ricorso. Quella decisione, di durezza putiniana, ha suscitato più di una perplessità tra gli addetti ai lavori. Salvo Renzo Galfetti, che ne ha scritto su questo portale, nessuno tra gli altri avvocati con cui ne abbiamo conversato “fuori microfono” - professionisti di primo piano senza alcuna parte in commedia - l’ha giudicata come solida e proporzionata, al netto di una critica di fondo sulla linea spregiudicata dei due giudici destituiti. Neanche uno. Il che lascia perlomeno spazio alla possibilità che il CdM possa aver esagerato con la scure. E se così fosse la nottata della giustizia ticinese sarebbe lungi dall’essere passata.    

 

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