L'iniziativa parlamentare del consigliere nazionale ticinese chiede l'esenzione dal balzello per le azienda con meno di 250 dipendenti, che oggi arrivano a pagare fino a 5'750 franchi all'anno
BERNA - Tutte le aziende con meno di 250 dipendenti dovrebbero essere esentate dal canone radiotelevisivo, che da quest’anno viene imposto a tutte le persone giuridiche con un fatturato superiore ai 500mila franchi.
È questa la proposta contenuta in un’iniziativa parlamentare inoltrata ieri dal consigliere nazionale ticinese Fabio Regazzi (PPD) e sottoscritta da ben 50 colleghi, tra i quali i deputati ticinesi di PPD, PLR, Lega e UDC e anche dai presidenti di tre importanti Partiti (Albert Rösti/UDC, Gerhard Pfister/PPD e Jürg Grossen/VL).
L’imposizione delle aziende ha permesso di ridurre l’onere a carico delle economie domestiche a 365 franchi. Va ricordato che con il canone la SSR può incassare al massimo 1,2 miliardi di franchi. L’onere totale a carico delle persone giuridiche è di circa 190 milioni di franchi.
A differenza della proposta formulata con un’analoga iniziativa parlamentare dello zurighese Gregor Rutz (UDC), la soluzione proposta da Regazzi vuole tutelare le piccole e medie imprese che sono state a suo dire pesantemente ed ingiustamente chiamate alla cassa con la nuova tassa radio-tv: basti pensare che ci sono piccole imprese che nel regime precedente pagavano 200 franchi per lo stesso apparecchio radiofonico in officina e ora ne versano ben 5.750, vale a dire 26 volte di più!
Invece del discutibile e molto criticato criterio della cifra d’affari, viene ora proposto di prendere in considerazione il numero di collaboratori: la soglia di 250 dipendenti corrisponde alla definizione attuale della taglia delle piccole e medie imprese. Il calcolo verrebbe fatto in termini di posti a tempo pieno e gli apprendisti non verrebbero presi in considerazione.
Va infine ricordato, sottolinea Regazzi, che la ragione d’essere delle aziende non è di tenere i dipendenti davanti alla TV durante l’orario di lavoro e considerato che comunque le persone fisiche che le compongono versano già il canone nelle rispettive economie domestiche, farlo pagare alle imprese (e soprattutto alle PMI) rappresenta una doppia imposizione ingiustificata che va corretta.