Sarebbero un centinaio gli italiani sottoposti a procedure di rimpatrio. In virtù di una legge per evitare abusi allo stato sociale
COLONIA - “Mi hanno comunicato che avevo quindici giorni di tempo, visto che non potevo provvedere a me stessa, per trovare un lavoro: altrimenti mi avrebbero rimpatriato e avrebbero pure pagato il viaggio a me e alle bambine, se non fossi stata in grado di poterlo pagare io”.
Il racconto, affidato a Cosmo, la trasmissione in italiano di Radio Colonia, è di una donna italiana che si è trasferita in Germania nel 2013 e, dopo aver smesso di lavorare in seguito a una gravidanza, ha chiesto il sussidio sociale. Dopo tre mesi di attesa è stata convocata dall’Ufficio per gli immigrati che le ha dato l’ultimatum, come riporta Il Fatto Quotidiano.
Ma non si tratta di un caso isolato: le procedure di espatrio nei confronti di italiani che non hanno un lavoro o non lo stanno cercando, secondo Radio Colonia, sono almeno un centinaio soprattutto nel Nord Reno-Westfalia. E riguardano, riferiscono esponenti dei patronati intervistati dalla Radio, anche situazioni di grave difficoltà, come donne in avanzato stato di gravidanza.
Alla base di questi casi c’è una legge varata due anni fa che ha portato da tre mesi a cinque anni il periodo di residenza in Germania per poter accedere ai sussidi sociali. Obiettivo: ridimensionare uno stato sociale ritenuto troppo generoso che attraeva troppi ‘stranieri’ europei, che approfittavano della libera circolazione.
Il sottosegretario agli Esteri, Ricardo Merlo, ha dichiarato all’agenzia ANSA: “Se fosse vero, l’atteggiamento della Germania sarebbe molto grave e andrebbe a colpire l’essenza stessa della Ue. Sarebbe un paradosso: l’Italia sotto accusa perché cerca di difendere l’Europa dall’immigrazione illegale e la Merkel che starebbe colpendo un diritto fondamentale dei cittadini Ue”.