E adesso che la tempesta è passata ci si dovrebbe chiedere se il licenziamento in tronco sia una misura proporzionata alla gravità (innegabile) del suo atto…
La storia di S, la giovane italiana licenziata in tronco dell’azienda per cui lavorava da quasi un anno dopo aver pubblicato un video in cui sbroccava contro la polizia per una multa di posteggio presa a Lugano, conferma quanto possano essere insidiosi i social.
Nel video definiva gli "sbirri svizzeri come la peggior categoria esistente, in quanto ignoranti e razzisti". Insomma, dopo essersi trovata la multa sul parabrezza le è partito l’embolo.
Quel video, pubblicato da S. sulla sua pagina “privata” di Instagram, è stato postato giovedì scorso da qualcuno su Youtube e poi su Facebook e quel punto è diventato virale e ha scatenato il pandemonio. D’altra parte, quando su Instagam hai qualcosa come duemila followers non puoi pensare che le cose che pubblichi restino “tra di noi”.
La ragazza, che è ingegnere gestionale, e non è frontaliera ma titolare di un permesso B, si è scusata e amaramente pentita.
"Amo la Svizzera, mi sento in debito per avermi dato un lavoro che amo – ha scritto -. Mi vergogno delle mie parole. Stanotte non ho chiuso occhio tanto è il senso di colpa che provo. Sono mortificata e non so come rimediare a un gesto del genere. Mi sono fatta prendere dalla rabbia dopo aver visto la multa. Non riuscivo ad ammettere che la responsabilità era solo mia. Non ho mai pensato quelle parole. Vorrei sotterrarmi, ma chiedo umilmente scusa a tutte le persone che si sono sentite offese dalle mie parole".
Ma il pentimento e le scuse non sono bastate ad evitarle il licenziamento in tronco.
“Anche nell'interesse dei nostri clienti del settore finanziario, è nostro dovere agire contro comportamenti inaccettabili – ha dichiarato il portavoce della ditta al portale ticinolibero -. Questo è stato il caso, purtroppo, considerando che una collaborazione basata sulla fiducia non era più possibile”.
Adesso S. è una ragazza distrutta. E la conclusione più semplice sarebbe quella del proverbio “chi è causa del suo mal pianga se stesso”.
Di certo, con quel video S. potrebbe vincere l’award della stupidità 2018. Anche perché le sue parole sono il contraltare anti-svizzero del becerume anti-italiano che domina sui social. Roba brutta, da spazzatura.
Ma adesso che la tempesta è passata ci si dovrebbe chiedere se non sarebbe stato sufficiente un ammonimento o una sospensione temporanea da parte dell’azienda, con relativa comunicazione pubblica. Ci si dovrebbe chiedere, insomma, se il licenziamento in tronco di questa ragazza sia una misura proporzionata alla gravità (innegabile) del suo atto. O se non sia invece una punizione troppo severa.
Oggi S. ha indirizzato le sue scuse anche al comandante della Polizia di Lugano, Roberto Torrente: “Con questa lettera – ha scritto – vorrei porgere le mie più sentite scuse (anche se il mio atto è imperdonabile) a tutto il corpo di Polizia che lei rappresenta”.
Poi spiega le circostanze che hanno scatenato in lei “tanta rabbia da accecarmi”, “affinchè io possa in qualche modo far valere questo mio gesto di redenzione”.
Nella lettera scrive che quando posteggia a Lugano, nella via in cui risiede a casa di un’amica, più volte ha trovato insulti sul parabrezza “molto pesanti e contro la mia nazionalità” e che ha pure subito danni alla sua auto, che ha targhe italiane. Dice di aver preso altre multe e di averle pagate, ma di aver notato che altre auto che posteggiavano in quell’area non autorizzata non venivano multate. E conclude: “Egregio comandante, mi creda, sono veramente mortificata per quanto è successo e non so come potermi scusare. Spero che voi possiate capire e perdonarmi”.