Il patron dell'Atenaeo del Vino di Mendrisio: "Un tartufo non servito davanti gli occhi del cliente perde il suo fascino. È questione di etica e poesia della ristorazione"
MENDRISIO – Si sta svolgendo in questi giorni la famosa Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba. Una fiera in cui migliaia di turisti, ghiottoni e gastronomi di tutto il mondo assaggiano e comprano tartufo bianco. E i prezzi possono raggiungere cifre da capogiro. Basti pensare che in occasione della 20esima edizione dell’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba sono stati raccolti oltre 420mila euro, una delle somme più alte nella storia dell’evento.
Chi di tartufi se ne intende è Mirko Rainer, patron dell’Atenaeo del Vino a Mendrisio. Con il suo aiuto abbiamo cercato di capire come distinguere un tartufo di qualità da uno di rango inferiore, e soprattutto come evitare di essere fregati sui prezzi.
“Premetto – spiega il ristoratore – che preferisco ‘saltare’ sempre il periodo della Fiera d’Alba. Perché? Perchè tutti comprano il tartufo in quei giorni: americani, tedeschi, giapponesi, eccetera. Diciamo che preferisco dare la precedenza a loro (ride ndr) … Il periodo migliore per mangiare ottimi tartufi rimane comunque l’autunno, anche se dipende dalle annate”.
Parliamo ora di prezzi e valore di mercato del tartufo bianco. “È difficile fare una panoramica precisa. Dipende dal peso, dalla qualità, dalla zona di provenienza, dal periodo dell’anno - spiega Rainer -. Ma è chiaro che durante la fiera e con l’avvicinarsi del Natale i prezzi schizzano alle stelle. Poi, passate le feste, il prezzo sul mercato cala in maniera importante. Il tartufo bianco rimane comunque, gastronomicamente parlando, un bene di lusso che costa caro. Mi è già capitato di vedere tartufi in vendita a nove franchi al grammo e anche più, ma all’Atanaeo riusciamo a proporlo a un prezzo sostenibile, con un occhio sempre attento alla qualità”.
Nel ristorante di Rainer il tartufo bianco viene rigorosamente “pesato e grattugiato davanti agli occhi del cliente. Prima lo pesiamo e dopo averlo grattugiato lo ripesiamo di nuovo. È anche una questione di etica e, se vogliamo, di poesia della ristorazione. Un tartufo non preparato davanti al cliente perde buona parte del suo fascino”.
Bianco o nero, estivo o invernale, pregiato o meno. Insomma, come si fa a riconoscere un buon tartufo? “Partiamo – risponde Rainer – dal presupposto che in Ticino non ho mai mangiato un tartufo cattivo. Qui tutti i tartufai e rivenditori lavorano in maniera corretta. Da noi è raro trovare un tartufo 'vaccinato' con il bis(metiltio)metano, additivo usato per le contraffazioni, ma non è raro trovarlo all’estero”.
Occhio, dunque, alle fregature. “Assolutamente sì: occorre prestare attenzione fondamentalmente a tre elementi: profumo, aspetto e consistenza. Se uno di questi non vi convince, meglio lasciare stare e non spendere soldi”.
E sul piano degli abbinamenti culinari? “All’Atenaeo - dice Rainer - lo proponiamo con i classici tagliolini freschi. C'è poi la grattugiata di tartufo su uova condite non con olio ma con burro, così da rendere più appetitoso il piatto”.
Il tartufo, conclude il patron dell'Atenaeo, "è un bene prezioso. Una risorsa che, in casa come al ristorante, deve rimanere per brevissimo tempo, altrimenti rischia di deperire o di perdere le sue qualità. Il modo migliore per conservarlo è avvolgerlo con della carta da cucina in un vaso di vetro e metterlo in frigo, dove deve stare pochi, pochissimi giorni...”.