CRONACA
Altro che ricchezza senza far niente. Il mondo dietro gli influencer spiegato con sguardo critico alla Città dei Mestieri
Ieri sera si è tenuto il discusso evento. Non è stato venduto fumo negli occhi ma si è specificato come per riuscire a vivere (non guadagnando i milioni della Ferragni...) servano contenuti

BELLINZONA – L’evento dedicato alla professione di influencer organizzato dalla Città dei Mestieri chi scrive l’aveva messo in agenda già da un po’, ben prima che le polemiche partite dal PC lo mettessero al centro dell’attenzione. Anzi, la mia impressione è che l’interpellanza e le successive discussioni abbiano solo portato pubblicità e presenze.

Davanti alla cinquantina di presenti, rappresentanti circa di tutte le fasce d’età, non si è tenuto un corso su come diventare influencer: nessuno è uscito sapendo che passi fare, come partire alla conquista del web. Non sono state vendute ricette magiche o fumo negli occhi. Anzi, se qualcuno sperava di trovare il modo semplice per fare soldi, come pensano in molti degli influencer, sarà uscito deluso (oppure tenendosi nonostante tutto i suoi sogni, chi lo sa… ma di certo la colpa non sarebbe di chi ha parlato).

Paolo Creti di SPAM, che coi social lavora tutti i giorni, ha guidato Shanti e Nick Antik, che in Ticino sono fra gli influencer più noti, attraverso il racconto di quello che fanno davvero. Li abbiamo sentiti dire che non si limita tutto a una foto, se così si può dire perché un’immagine da postare può richiedere anche una ventina di tentativi, a dei like: essi aiutano, ma il mantra era che se non hai contenuto, non duri.

Se è pur vero che la fama sui social, per molti definita come la ricchezza al Monopoli, accontenta qualcuno, viverci è ben altro. Dietro al sorriso, deve esserci lo studio. Perché non è semplice trovare qualcosa di originale da dire, trovare il modo di dirlo, l’ora, il giorno. Tutto quel che può apparire casuale è invece frutto di uno studio preciso, per capire i flussi di gente, le ore in cui si è più disponibili a visualizzare contenuti. E, come ha precisato Shanti, sono parametri che cambiano quasi giornalmente. Dietro un video, una foto, una stories, spesso c’è un piccolo team che si compone di fotografi, registi, sceneggiatori, che però sovente sono tutti racchiusi nella stessa persona.

Hanno parlato di un lavoro a tempo pieno, 365 giorni all’anno. Che a volte non permette di arrivare alla fine del mese con agio, perché se ci si fa sponsorizzare, che alla fine è ciò che fa guadagnare, i followers possono pensare che ti sei venduto. I tre hanno insistito molto sull’organicità di un discorso, di un linguaggio e di un personaggio, da trovare e veicolare.
Shanti ha voluto insistere su come i temi di cui parla sono quelli che ha studiato. Nick Antik ha parlato della sua voglia di imparare. Certo, sono stati mostrati gli influencer che campano con foto al mattino appena svegli: c’è di tutto, nel mondo dell’apparenza magari riescono anche a farcela. Non è quello su cui ha puntato l’evento.

Le preoccupazioni di chi ha parlato di precariato erano infondate. Nessuno ha detto che fare l’influencer (termine che, è stato precisato più volte, significa tutto e niente, perché dentro di sé nasconde definizioni e competenze varie) porta ricchezza, porta uno stipendio sicuro con poco impegno. Anzi. 

Che poi, dico io, il mondo è precario a prescindere, in Ticino oggi. Quanti disoccupati ci sono? Quante persone si trovano con la vita cambiata da un momento con l’altro, perché il loro lavoro l’hanno perso o si sono visti ridurre la percentuale? Nessuno dice che fare l’influencer è la soluzione. Non era l’obiettivo della serata, non era ciò che voleva la Città dei Mestieri. Ma parlare delle nuove possibilità che offrono i social e i mezzi moderni era giusto. Non si possono ignorare fenomeni che crescono, anzi non spiegare le difficoltà che ci sono dietro lascia davvero credere che sia tutto facile. 

Chi sa qualcosa, nel senso di avere delle conoscenze, oppure sa fare qualcosa e trova il modo per mostrarlo e promuoverlo, avrà successo, dove per successo non si può pensare ai numeri stratosferici della Ferragni.

Come per i calciatori: uno su un milione ce la fa, ma non per questo, a mio avviso, un sogno va stroncato in partenza. Ciascuno può provare a inseguirlo, importante è avere il paracadute e rendersi conto che a un certo punto, se non funziona, bisogna ammetterlo e cercare altre strade per vivere. L’importante, secondo me, è questo. Poi si può tentare di raggiungere qualsiasi vetta, purchè la consapevolezza sappia attutire un eventuale tonfo. 

Paola Bernasconi

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